SE L’ANTARTIDE …

Il turismo nel mondo, un’attività creduta “ecologica” ma che ha tanti risvolti negativi. Esempi per una riflessione

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Prima fu la Grande Muraglia ad essere messa in pericolo dal turismo globale (si veda Wilderness/D N. 4-2007), ora c’è l’Antartide!
Il turismo in quel continente è passato dalle 6.700 presenze annue del 1992 alle 45.000 del 2008, con “devastanti conseguenze ambientali”, come hanno scritto i giornali, gravi problemi di disturbo alla fauna e di inquinamento (sia diretto che indiretto, compresi gli inopinati scontri ed affondamenti di navi da crociera – ben due arenatesi nel solo 2008-2009 e diversi incidenti con rischio di inquinamento), così 28 Stati firmatari del Trattato dell’Antartide, riuniti a Baltimora per la conferenza sui 50 anni di detto Trattato hanno deciso di imporre alcuni limiti al turismo verso il Polo Sud: non più di 100 turisti alla volta ed il divieto di attracco a navi che trasportino più di 500 turisti.
E poi c’è ancora chi crede che il turismo naturalistico sia “ecologico” e che i nemici della fauna rara siano solo i cacciatori! Non mancheranno ora gli strepiti di protesta dei seguaci dell’antiecologico (nel senso di incitamento a visitare anche i luoghi più delicati del pianeta solo per il fatto che sono belli) ed anticulturale (nel senso di inquinamento delle culture primitive solo perché sono folkloristiche) programma televisivo “Alle falde del Kilimangiaro”, che andando a fotografare i Pinguini in Antartide si sentono protezionisti e grandi amanti della Natura! Per non dire delle riviste di natura, che il turismo esaltano con continui inviti ad andare ovunque, sostenendo un business che prima di tutto favorisce la loro vendita, raramente sprecando parole per allertare sulla necessità di una preventiva tutela dei luoghi pubblicizzati.

IL TURISMO NEMICO DEGLI ANIMALI PREDATORI

Si potrebbe definire “la scoperta dell’acqua calda”, se non fosse che la scienza ha sempre bisogno di conferme anche sulle cose più ovvie e ragionevolmente comprensibili con un minimo di intuizione e conoscenza. Ecco cosa è stato riportato nella rivista Oryx della Fauna & Flora Preservation Society: «Uno studio effettuato in 28 aree protette della California ha evidenziato come la presenza della gente abbia un serio effetto negativo su quella dei carnivori. Una densità di Coyote e Lince rossa cinque volte inferiore è stata registrata nelle aree che consentono attività ricreative a fronte di quelle non disturbate da queste attività. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che le aree disturbate hanno una maggiore presenza di specie non indigene, ed in particolare di cani. Il peggior aspetto di questa scoperta è stato che l’attività ricreativa calcolata durante lo studio era quella più silenziosa, rispettosa e meno impattante, quali le attività escursionistiche a piedi, in bicicletta o a cavallo. Questa rilevazione ha delle serie implicazioni per le direttive e la gestione del turismo naturalistico nelle aree istituite ai fini di una preservazione della biodiversità, in quanto proprio da queste attività si contava di generare un loro supporto popolare nonché di entrate a loro sostegno.» Gli autori dello studio hanno inoltre evidenziato l’importanza di incorporare delle proprietà private nella rete delle aree protette, in quanto queste sono spesso chiuse all’uso turistico ricreativo.
Esattamente il contrario di ciò che avviene da noi, dove sono proprie le proprietà private o comunque non statali ad impedire una severa gestione delle aree protette a favore della fauna e conservazione della biodiversità. Resta però valido per noi il monito che orso, lupo, gatto selvatico, ecc. si possono salvare solo con un severo controllo sulle attività turistiche, mentre oggi succede esattamente il contrario, nel senso che per preservare la biodiversità si incentiva la cosiddetta valorizzazione turistica delle aree protette. L’ultimo esempio ci viene dalla Regione Lazio, che ha previsto di stanziare ben 41 milioni di Euro per valorizzare le aree protette a scopo turistico con la scusa di conservare la biodiversità!

E CHE DIRE DEL TURISMO IN GROTTA?

Ecco, se c’è una forma di valorizzazione che tutti hanno sempre visto come iniziativa di promozione turistica è quella di “valorizzare” ogni nuova grotta appena scoperta (per non dire di quelle storicamente notorie!). Eppure, se ci sono dei luoghi delicati sono proprio le grotte; più delicate di tanti altri ambienti naturali e di tanti siti storici pur, spesso, minacciati dall’invadenza turistica. Le grotte si sono formate in milioni di anni, ed anche quelle piccole od enormi semplici stalattiti e stalagmiti che le caratterizzano, e che ci sembrano solo protuberanze da spezzare per farne dei souvenir, come fossero i semplici ghiaccioli delle rigide giornate invernali, – e che poi magari vanno a finire gettati via come fiori appassiti -, impiegano anch’esse migliaia ed anche milioni di anni per formarsi. Solo per questo certe grotte dovrebbero essere assolutamente chiuse al turismo, o soggette a severi controlli. Si potrebbero citare esempi all’infinito di grotte italiane aperte al turismo e rovinate per sempre, ma meglio è diffondere ciò che di questo problema si dice in America oggi, come riporta il numero di giugno del prestigioso National Geographic Magazine parlando delle spettacolari grotte di quel paese.
Uno dei più famosi speleologi lamenta come ovunque stalattiti e stalagmiti siano devastate dai visitatori. “Per qualche ignota ragione l’uomo ha bisogno di distruggere le cose”, egli dice, e cita il caso di una grotta con orme di giaguaro vecchie di 35.000 anni e quelle di uomo datate 4.500 anni orsono, che sono state danneggiate da chi ha visitato la grotta; grotta che ora è stata chiusa al turismo proprio per difenderle. Addirittura in America è stata istituita una Commissione statale e federale che provvede a sbarrare le grotte più sensibili proprio per conservarle. Chiuse in modo assoluto, non già valorizzate, quindi, ma conservate!
Ed infine, come non citare il caso, di notorietà mondiale, dell’Area Wilderness designata su parte della famosa Grotta dei Mammut nell’omonimo Parco Nazionale del Kentucky, proprio allo scopo di preservane la sua integra bellezza e limitarne l’accesso al turismo di massa?

Ecco, il turismo è una risorsa economica per tutti i paesi del mondo, ma è una risorsa basata sulla bellezza e sui valori culturali, paesaggistici, scientifici, storici, ecc., valori che vanno prima tutelati e difesi e solo dopo, quando, se ne è il caso ed in qualche misura, si possano dare in pasto: senza i paletti di controllo tutta la bellezza è minacciata, dai grandi alberi monumentali alle grotte, e fino all’Orso bruno marsicano. Il Presidente degli USA Theodore Roosevelt ebbe a dire che la civiltà di un Paese si misura anche dal modo come sa preservare i propri Parchi Nazionali. Ecco, non ci si dimentichi mai che prima di ogni valorizzazione deve esserci la conservazione, e che la conservazione si ottiene ponendo paletti e misure di controllo, ed anche limitazioni e divieti. Perché certi patrimoni non appartengono solo alle nostre generazioni, ma anche a tutte quelle che verranno dopo di noi, e non con la valorizzazione esse si preservano, ma con la conservazione!

di FRANCO ZUNINO