- Alle solite il Parco Nazionale d’Abruzzo non ne fa mai una buona. E se e quando la fa, non la fa mai completa, e serve perlopiù solo ad evitare critiche e, gattopardescamente, a lasciare tutto come prima! Prendiamo il provvedimento di “chiusura” (si fa per dire!) dei sentieri nella zona del Ramno quando le bacche di questo cespuglio maturano ed attirano gli orsi. Una chiusura che l’AIW e Franco Zunino da cinquant’anni chiedono di fare, ma TOTALMENTE, almeno nel periodo critico (come nel Montana, USA, ogni anno fanno i nativi per garantire la quiete necessaria al Grizzly in un’Area Wilderness di loro designazione). Numero chiuso, ha scritto il Parco, e a pagamento! Il che vorrà dire che non ci sarà alcun numero chiuso, e che semplicemente chi vuole andare dovrà solo pagare un ticket! E quando si paga un ticket, c’è sempre qualcuno che ci guadagna. E se c’è qualcuno che ci guadagna, il numero non sarà mai abbastanza “chiuso”; specie poi se il ticket non è per il popolo, ma solo per chi ha soldi da spendere. In pratica, non un numero chiuso tipo, primo arrivato primo servito (in America funziona così), ma a chi ha il portafogli più gonfio! Infatti, nel comunicato del Parco non si legge quale sia questo “numero chiuso”. Quindi si deve intuire che sia chiuso solo per chi non pagherà il ticket! In pratica, la cessione di un privilegio! Curiosità: dall’Italia possiamo sapere quali sono i limiti di accesso a numero chiuso delle Aree Wilderness americane, ma non di sapere quali siano per i sentieri del Parco Nazionale d’Abruzzo! Lo ribadiamo: l’AIW è per la chiusura totale di alcuni sentieri, compresi quelli di fondovalle della zona interessata (dove invece il Parco ha invitato la gente ad andare a vedere le opere d’arte che uno stimato artista è stato autorizzato ad esporre nell’habitat primario dell’orso – luogo, anche questo, con biotopo di Ramno). Democrazia all’italiana o… all’Abruzzo-molisana!
- Prima c’era stata la notizia giuntaci dalla Grecia di un attacco ad una turista inglese, poi da Israele con tentativi di predazione su bambini, poi dall’Iran con un tentativo di predazione su di una donna, ora la notizia ci giunge dal sud della Russia, nel Dagestan (Caucaso): un lupo ha aggredito tre bambini di 7 e 9 anni mentre stavano facendo il bagno in un laghetto. Uno è riuscito a scappare, un altro è stato ferito al collo, ed un terzo, il maggiore, è stato ucciso e sbranato poco lontano, dove il lupo lo aveva trascinato. Ecco, non è una storia dei profondi secoli bui del passato, anche se è molto simile. Segno che forse quelle storie fatte tutte passare come leggende dai nostri “esperti”, erano forse verità, magari esagerate in quantità, ma erano VERITÀ! I lupi possono aggredire l’uomo, predare ed uccidere bambini e soggetti deboli. Gli ultimi noti – letali – ci vennero dalla Spagna degli anni ’70. Ora è la Russia a fare storia. Una storia che, pubblicata dal Newsweek inglese, difficilmente vedremo ripresa dai quotidiani italiani, tutti più o meno filo animalisti e, peggio, filo lupofili! Intanto il lupi italiani continuano a crescere di numero e nessun provvedimento viene preso. Intanto, in merito al fatto succitato, che ha tutti i crismi della credibilità, che hanno da dire i vari Boitani, Boscagli, Meriggi, Marucco, ecc. (perché ormai gli “esperti” di lupi in Italia sono cresciuti come i lupi!) i quali hanno sempre negato la possibilità che il lupo possa aggredire l’uomo, e nei loro scritti hanno sempre trasformato in leggende i tanti fatti del passato che tutte leggende forse non erano affatto? E se lo hanno riconosciuto, lo hanno fatto in studi e rapporti scientifici tenuti se non segreti, quanto meno non divulgati ai media – in pratica, nascosti sotto il tappeto! Auguriamoci, quindi, che un fatto simile a quello oggi verificatosi nel lontano Caucaso non debba mai coinvolgere il nostro Paese; perché se dovesse succedere, allora sì che se ne parlerà e se ne scriverà in prima pagina! E verranno anche aperte inchieste per capire come mai sia successo, e come mai la stalla non sia stata chiusa prima che i buoi scappassero!
- A proposito del lupo, è stato reso noto che in Alto Adige le autorità avrebbero autorizzato l’abbattimento di un esemplare che ha danneggiato oltre 40 pecore, incaricando alcuni cacciatori di provvedervi. Ebbene, per la gioia dei lupofili, i cacciatori si sono rifiutati di farlo in quanto i loro nomi ed indirizzi sarebbero stati pubblicamente diffusi. Un fatto, questo, che dimostra due cose: una, che certi problemi faunistici non possono essere i cacciatori a risolverli per tante e ovvie ragioni (compresa quella suddetta), come ad esempio quella dell’eccesso di cinghiali; l’altra, che per quanto riguarda la gestione della fauna è necessario creare un Servizio nazionale (o almeno su base regionale) che abbia proprio questi compiti, sia nello stabilire se, quando e dove intervenire, sia nell’incaricare proprio personale che non sia soggetto ad interessi personali o influenzato da remore morali o d’altra natura. Ad esempio, un tale Servizio dovrebbe assorbire alle dirette dipendenze, o a controllo del volontariato, il marasma di guardie volontarie creatosi in Italia, spesso più interessate a portare a spasso la divisa che non ad operare alla soluzione dei problemi, e liberi di agire o meno a seconda delle loro convinzioni. Perché se un animale va eliminato in quanto ritenuto pericoloso, o una popolazione animale ridotta di numero perché eccessiva e dannosa per ambiente ed agricoltura, lo Stato (o le Regioni) devono avere l’autorità di farlo direttamente, non dovendo incaricare soggetti privati.
- In Internet è in atto una raccolta firma per fare emendare un decreto legge del dicembre 2021 (Gazzetta Ufficiale n. 286 del 1.12.2021) che, firmato dall’allora Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, chiaramente, nel disciplinare la “viabilità forestale” (realizzazione, manutenzione ed uso) di fatto o, se vogliamo, indirettamente, proibisce il transito di fuoristrada, quad ed enduro sulle strade di esbosco e sentieri di montagna – ovviamente, firme raccolte tra gli utenti di questi mezzi. Una regolamentazione certamente giusta, sebbene, forse, in qualcosa si è ecceduto, almeno quando i mezzi hanno una giustificata comprensibile funzione legata ai diritti di alcuni cittadini (ad esempio, quelli dei proprietari dei suoli o quelli affini all’utilizzo delle risorse naturali rinnovabili; ovvero, quando le strade sono un mezzo e non un fine). Ma, a parte questi aspetti, il dubbio sorge spontaneo su un altro: a stretto rigore interpretativo dello stesso Decreto, non è che anche le mountain bike rientrano, o dovrebbero rientrare, in questo divieto? Infatti, nella tabella allegata allo stesso, alla voce “Tipologie di mezzi transitabili esemplificativi” per quanto riguarda la cosiddetta “Viabilità Secondaria” alla voce “Percorsi pedonali e per animali da lavoro”, la tipologia dei mezzi è così indicata: “Pedonale, Animale”. Quindi, le mountain bike, che non sono né pedonali né animali, possono o meno accedere? Ecco, servirebbe certamente un emendamento, ma non per liberalizzare del tutto l’uso dei mezzi fuoristrada non da lavoro (ovvero per diletto, o per ricreazione in genere), ma per regolamentarlo, e, soprattutto, per stabilire che anche le mountain bike lo devono essere, e che assolutamente non devono poter liberamente transitare sui sentieri pedonali né, tanto meno, fuori dai sentieri e dalle carreggiate stradali, ma solo sulla viabilità forestale dove sono proibiti i quad e i fuoristrada – e per stabilire che solo lungo pochi sentieri, o itinerari da competizione ben prestabiliti, sia consentito l’enduro e il downhill.
Murialdo, 5 Agosto 2022
Franco Zunino
Segretario Generale AIW