Le Associazioni Altura, Animalisti Italiani, LAV, LIPU Abruzzo, Mountain Wilderness, il Nibbio, Pro Natura e WWF lo scorso maggio hanno stigmatizzato l’iniziativa dell’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo di tenere un “Corso per la gestione delle popolazioni di cervo e capriolo in ambiente appenninico”, ritenendo tale iniziativa “un corso che, dietro la parvenza dello studio delle due specie, contiene materie di insegnamento che non lasciano alcun dubbio sulle sue finalità reali”: ovvero, diciamo noi, predisporre dei cacciatori all’ipotesi di farli intervenire nei Parchi per ridurre le popolazioni di erbivori in soprannumero.
Al contrario, l’Associazione Italiana per la Wilderness ha espresso il suo compiacimento per l’iniziativa presa dal Parco Nazionale d’Abruzzo.
E’ stata la prima volta che un problema estremamente serio, che nel Parco Nazionale d’Abruzzo mette anche a rischio la sopravvivenza dell’Orso bruno marsicano, quale è la crescita abnorme di popolazioni di ungulati, quali il Cervo, il Capriolo ed il Cinghiale, viene preso in considerazione da un Parco Nazionale e, soprattutto, in collaborazione col mondo venatorio.
La possibilità di intervenire con la caccia per selezionare e comunque ridurre le popolazioni di questi animali anche nell’ambito delle aree protette non può più restare un tabù, tabù quasi strettamente limitato al nostro Paese, visto che praticamente in tutti i Parchi Nazionali del mondo è prevista la possibilità di intervenire con la caccia per limitare il numero di specie animali in eccessiva crescita (pur in presenza di predatori!). Nello stesso storico Parco Nazionale dello Yellowstone fino a pochi decenni or sono si è intervenuti ogni anno per ridurre le popolazioni di cervo Wapiti, ed ancora oggi si opera per controllare il Bisonte (ed al suo esterno anche il Grizzly ed il Lupo, pur reintrodotto solo da poco più di un decennio).
Il fatto che nel Parco Nazionale d’Abruzzo la presenza del Cervo e del Cinghiale sia giunta a livelli eccessivi (almeno per alcune zone), con gravissimi danni alla flora e quindi anche alle potenzialità trofiche per l’Orso bruno, è la prova provata che in nessuna area protetta europea sia possibile lasciare il controllo della crescita delle popolazioni di animali erbivori al cosiddetto “equilibrio naturale” grazie alla presenza dei grandi predatori quali Orso, Lupo, Lince ed Aquila reale. Questo perché nell’equilibrio delle specie interagiscono anche malattie ed altri fenomeni, per cui un equilibrio naturale veramente tale è impossibile mantenersi in paesi sovrasviluppati ed urbanizzati come quelli europei, se non mediante interventi equilibratori dell’uomo. E solo la caccia può consentire questi controlli (che devono essere rapidi e poco costosi per essere efficienti; cosa che esclude ogni altra forma di controllo, quali le catture).
L’AIW ha quindi plauso alle autorità del Parco Nazionale d’Abruzzo per la coraggiosa iniziativa di cominciare ad educare i cacciatori ad una caccia etica e biologicamente corretta, sperando che presto la si possa anche praticare al fine di riequilibrare la sua situazione faunistica. In Abruzzo è infatti più urgente che in altri Parchi trovare una soluzione al sovrappopolamento di ungulati (Cervo e Cinghiale), sovravappopolamento che danneggia soprattutto il rarissimo Orso bruno marsicano.
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