Uno sbaglio è stato commesso, come dirò più sotto, in sede giudiziaria (ma non sono un esperto della materia per ritenerlo veramente tale: saranno, caso mai loro a stabilirlo). L’uccisore dell’orso di Pettorano sul Gizio la cui sentenza di assoluzione in primo grado aveva creato tanto sdegno nel mondo degli ambiental-animalisti ieri non è stato condannato penalmente per aver commesso il fatto, ma solo perché, essendosi difeso ed aver difeso i propri interessi ed i famigliari, ha comunque arrecato un danno alla Società civile, per cui a questo rimborso è stato condannato in sede civile, peraltro con una somma decisamente irrisoria (probabilmente proprio per la suddetta ragione: una ragione morale per cui lo stesso Ente Parco Nazionale d’Abruzzo ha forse ritenuto di non infierire non costituendosi parte civile). Questo è il vero senso della sentenza, almeno come appare in base alle dichiarazioni giornalistiche e di parte. Si dovrà ora aspettare la pubblicazione della sentenza per capire esattamente cosa abbiano effettivamente deciso i giudici e su quali basi. Perché in questo caso si trattava di stabilire se era o meno legittimo che un cittadino difendendo la propria vita ed i propri interessi, ancorché arrecando un danno indiretto alla collettività (l’uccisione dell’orso) possa godere o meno delle giustificazioni e/o almeno attenuanti (che forse ci sono state, vista la mitezza della pena) perché è per questo danno indiretto che la persona sembra essere stata condannata. O, almeno, ribadisco, così pare di capire dai resoconti della stampa. Che l’uccisore sia stato effettivamente la persona condannata era cosa risaputa (sebbene la stessa, per evitare la condanna avesse provato a dimostrare che non vi erano prove certe che la morte dell’orso fosse stata causata dai suoi colpi di fucile: e ciò è umanamente comprensibile). Il vero problema del contendere, che fin dall’inizio l’AIW ha messo in evidenza, è se e quanto sia giusto che un cittadino non tutelato dallo Stato nei suoi interessi, sia poi da ritenersi veramente colpevole qualora provveda da solo a difendersi. E noto come la legge in materia umana sia infatti stata da poco cambiata, consentendo ai cittadini di difendersi anche sparando alle persone qualora esse entrino nelle loro case senza il loro consenso. E se ciò vale per l’uomo, non si capisce per quale motivo non debba valere per gli animali “pericolosi” quando sia dimostrata l’impossibilità di allontanarli o abbiano reagito in modo da risultare – anche solo intuitivamente – pericolosi, per cui ogni difesa deve (per l’uomo) o dovrebbe (per gli animali) essere consentita. Ecco, in questo aspetto sta l’errore procedurale, forse commesso: in seconda istanza non si doveva andare in sede civile, dove si discuono solo i danni arrecati, ma in sede penale dove si discute se sia stato o meno commesso un reato, e se vi sia stata o meno una giustificazione. Ma non solo, se vi siano state o meno delle corresponsabilità indirette. Questo non è avvenuto perché, per ragioni solo note agli interessati e ai giudici, in seconda istanze penale non si è giunti! ERRORE GRAVISSIMO! Quello che infatti andava dibattuto e fatto emergere era se sia da ritenersi giusto che lo Stato (la società tutta) per mantenere certi animali in quanto dallo Stato stesso dichiarati “protetti” debbano essere, qualora trattasi di animali che arrecano danni alla Società o ai liberi individui della stessa, a loro volta membri dello Stato, mantenuti a proprie spese e non già dallo Stato stesso. In pratica, in Italia oggi come oggi di fatto sono i pastori, gli allevatori e i contadini che assicurano le risorse trofiche agli animali predatori protetti dallo Stato. E infatti notorio come lo Stato e/o le Regioni scarsamente e spesso tardivamente, e a volte mai grazie ai cavilli delle burocrazia, paga VERAMENTE al 100% + interessi indiretti ed anche morali, i danni degli animali predatori ai cittadini che li subiscono. In America quando si fu il famoso eccidio di My Lai furono chiamati a testimoniare migliaia di marines: in un processo penale il colpevole dell’uccisione dell’orso avrebbe dovuto poter chiamare a sua difesa almeno centinaia di pastori e allevatori che avevano subito danni e non sono stati rimborsati o lo sono stati malamente. Ciò non è stato possibile. In prima istanza, sebbene poi l’imputato sia poi stato assolto, al sottoscritto stesso fu impedito di testimoniare come mai i responsabili morali di quell’uccisione non stessero seduti sul banco degli imputati, ma ben celati nei loro uffici pubblici! Questo è stato l’errore a monte della sentenza in sede civile di oggi! I giudici penali su questo avrebbero forse potuto argomentare! L’Orso marsicano non lo si salva portando in giudizio la gente del mondo rurale che subisce dei danni, ma costringendo le autorità ad abbassarsi a coltivare i campi ed a portare le greggi in montagna, affinché gli orsi la smettano di assalire stalle e pollai ed a scorrazzare nei centri urbani in cerca di cibo, costringendo, come nel caso di Pettorano sul Gizio, i cittadini ad azioni di autotutela dei propri interessi! NON SONO QUESTI I “BRACCONIERI” da colpire! Questi sono VITTIME di una ingiustizia sociale! Una ingiustizia che, come ha di recente scritto la benemerita associazione che difende i popoli tribale in tutto il mondo, Survival International: “La rabbia che scatenerà sarà tale da segnare la fine della conservazione in Africa” (leggasi Orso marsicano al posto di Africa)! Se la legislazione è stata cambiata (democraticamente migliorata) per tutelare i legittimi interessi dell’uomo consentendogli di difendersi anche usando le armi da chi mettere a rischio la propria incolumità ed i propri beni, sarà il caso che ciò sia fatto anche nel caso degli animali predatori potenzialmente pericolosi per l’uomo. Ecco, in questo sta la nostra (degli ambientalisti) vittoria di Pirro di ieri! All’uccisore dell’orso di Pettorano sul Gizio vada la nostra vicinanza di storici difensori dell’Orso bruno marsicano!
Murialdo, 23 Luglio 2020
Franco Zunino
Segretario Generale AIW