PER UN CACCIATORE AMBIENTALISTA

«Noi non possiamo pensare che la selvaggina si conservi da sola; prima di ripopolare di animali è necessario ripristinare il loro habitat, e questo significa rieducare i cacciatori, e rivedere anche tutti i mezzi che essi utilizzano per farlo.» Aldo Leopold 1887-1948 Questo numero del periodico è dedicato ancora una volta al mondo della caccia e all’ambientalismo di parte e d’opposizione ad essa. Lo scopo non è educare i cacciatori all’amore per il mondo naturale, che sarebbe come portare acqua al mare, bensì convincerli dell’importanza anche di un loro impegno al nostro fianco nella comune guerra per preservare un poco di natura selvaggia che non sia stravolta dalle case, dalle strade, dalle centrali eoliche, dalle dighe, dai rifugi e costruzioni d’ogni sorta, ma neppure addomesticata, svilita e mercificata come avviene in tutti i nostri Parchi, considerati alla stregua di mere aree ricreative ed assoggettati, come sono ormai tutti, alle più disparate forme di turismo commerciale e ludico.

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Nel 1995 la storica Wilderness Society americana ritenne di premiare con la sua massima onorificenza un certo Gene Sentz. Ebbene, il personaggio era così presentato: «Insegnante, appassionato Cacciatore e battagliero difensore della natura, Gene Sentz è una leggenda per la nostra associazione. Egli ha dedicato e continua a dedicare gran parte del suo tempo guidando escursioni e cacciando nelle zone selvagge delle Montagne Rocciose del Montana, seguendo la sua passione per la natura». Una decina di anni fa il Parlamento degli Stati Uniti d’America approvò la legge che vincola come Area Wilderness quella che è rimasta la più grande area selvaggia degli Stati Uniti esclusa l’Alaska: la Frank Church-River of No Return Wilderness Area, vasta quasi un milione di ettari. Ebbene, a guidare la coalizione di associazioni ambientaliste che si batterono per ottenere la designazione di quest’Area Wilderness, severamente protetta dal punto di vista dell’ambiente e del territorio (si pensi che non vi si può costruire neanche un semplice ponticello moderno od un rifugio alpino), ma assolutamente aperta all’attività venatoria, fu insignito il Presidente della locale sezione di quella che da noi sarebbe la Federcaccia, un Presidente che la guidò fino alla vittoria ottenuta col passaggio della suddetta legge. Ma questa storia ha avuto un altro seguito, emblematico per il mondo della caccia, proprio nel gennaio del 2006. Il Servizio Forestale, che ha il compito di gestire la stessa Area Wilderness, avrebbe voluto consentire ad un gruppo di biologi impegnati in una ricerca sulla presenza del Lupo nell’area, di poter utilizzare l’elicottero – cosa che è normalmente proibita nelle Aree Wilderness d’America dove non è consentito l’accesso ad ogni mezzo motorizzato – per atterrare in alcune località al fine di catturare, “collarizzare” e seguire gli spostamenti dei lupi. Ebbene, ancora una volta per opporsi a questa violazione delle regole guida per le Aree Wilderness si formò una coalizione di associazioni ambientaliste, escursionistiche, venatorie e piscatorie, tutte decise ad opporsi a questa (cito le loro parole) «violazione delle linee di gestione della Wilderness in quanto non era necessaria, visto che da dieci anni nell’Idaho si studiano i lupi senza che vi sia mai stato bisogno di utilizzare i voli di elicottero». Il responsabile locale della Wilderness Society, dopo che il Servizio Forestale fu costretto a porre il veto ai voli, ha tenuto così a sottolineare: «I cacciatori ed i pescatori ed ogni americano amante della natura selvaggia sono orgogliosi delle nostre Aree Wilderness e della grande esperienza in natura che esse consentono, per scopi di ricreazione, di caccia e per la ricerca della solitudine». Cioè, cacciatori e caccia citati senza remore alla stregua di tutte le altre categorie fruitrici della natura selvaggia! Se questo è stato possibile in America, va però anche detto che lo è stato perché in quel paese i cacciatori sono impegnati nelle battaglie per la conservazione della natura selvaggia al pari di ogni ecologista, non disinteressandosene o stando al margine di questi impegni come invece troppo spesso avviene in Italia. Ecco, questo per dire: 1) che il mondo della caccia deve impegnarsi seriamente anche sul fronte della tutela ambientale affiancando il cosiddetto ambientalismo doc; 2) che il cosiddetto ambientalismo doc deve cominciare ad accettare i cacciatori come compagni di una comune battaglia per l’ambiente, anziché costringerli ad una chiusura corporativista in difesa del loro democratico diritto a praticare lo sport della caccia.

di FRANCO ZUNINO