Ovvero, buttare alle ortiche i manuali di biologi e naturalisti!
“Juan Carrito”, l’Orso marsicano che educato dalla madre, l’orsa “Amarena”, a frequentare i paesi abruzzesi in cerca di cibo (cibo facile, ovviamente) nonostante l’arrivo della prima neve che dovrebbe far scemare in lui l’interesse verso il cibo e spingerlo alla ricerca di una tana dove andare a rifugiarsi per trascorrervi il periodo di letargo, sta invece proseguendo nella sua ricerca di cibo, per la “gioia” dei tanti animalisti e orsofili (da distinguersi dai biologici e seri conservazionsti, ovvero i veri amanti della specie) sostenitori che questo suo (loro!) errare non sia per fame, ma magari solo per… turismo ricreativo, e per i quali osservare facilmente un orso è cosa eco-ego-soddisfacente; se poi questo sia un problema per gli animali e la loro specie, è cosa che non li riguarda: la propria soddisfazione al di sopra di tutto! Eppure due cose bisognerebbe fare per salvare quest’animale: la prima è di gettare alle ortiche i manuali naturalistici e di biologia di cui queste persone si beano, convinti di vivere nei grandi spazi del Nord America dove l’equilibrio naturale e la catena alimentare di cui si sono infarciti le menti leggendo i manuali funziona, ignorando che siamo in Italia, dove l’uomo a quella catena alimentare teorica e manualistica da migliaia di anni vi ha aggiunto massicciamente un anello ancora più debole, alla cui ricerca lupi ed orsi si sono abituati proprio in quanto anello più debole, più appetitoso, più facile da “acchiappare”! Ma questo i manuali non lo dicono: vi si scrive solo di lupi e di orsi e delle loro prede naturali. Per loro è questo il cerchio alimentare degli animali selvatici, dove l’anello più debole sono gli erbivori selvatici. Peccato che lo sia solo per stati di wilderness che in Italia non esistono più! Purtroppo per loro, qui non siamo nello Yellowstone, in Canada o in Alaska. E voler far ritornare gli orsi all’antico e millenario stato di wilderness è più follia che utopia. Ed ecco perché gli orsi sempre più spesso non frequentano più le loro montagne selvagge; ma non già perché prive di questo anello debole (anzi, esso è stato rinforzato da una presenza quasi massiccia di caprioli, cervi e cinghiali), ma di quell’anello ancora più debole che era formato dalla pastorizia e dall’agricoltura, ma sparito a causa dell’evoluzione sociale dell’uomo, che ha portato all’abbandono dell’una e dell’altra, che duravano da migliaia di anni. Ragion per cui esiste un solo modo per ricreare artificialmente quell’antico cerchio debole di origine umana, e ricreare l’unico stato di wilderness ibrido concepibile in Europa. E qui veniamo alla seconda cosa da fare: intervenire imbracciando il fucile e sostituendosi ai lupi, anch’essi ormai solo più diretti verso il suddetto anello debole ed ignorando, o quasi, quello da manuale, e provvedere l’uomo a quelle “predazioni” che in Italia lupi ed orsi ormai effettuano solo raramente essendosi abituati all’anello debole della catena alimentare aggiunto dall’uomo. In pratica, creando artificialmente un nuovo anello da aggiungere alla catena alimentare, più debole ancora di quello animale del mondo rurale: prede abbattute dall’uomo e disperse a caso tra montagne e foreste e campi coltivati con culture a perdere, anch’essi ubicati casualmente qua e là nelle campagne interne o laterali al mondo montano di pascoli e di foreste. Solo così “Juan Carrito” ed “Amarena” la smetteranno di battere come barboni elemosinanti le strade dei paesi!
Murialdo, 3 Dicembre 2021
Franco Zunino
Segretario Generale AIW
(primo ricercatore sul campo dell’Orso marsicano)
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