L’ANIMALISMO ED IL WILDERNESS ACT

Questa è un’altra notizia che certamente farà storcere il naso ai tanti animalisti italiani (siano essi protezionisti o cacciatori), che alla difesa dell’ambiente preferiscono la protezione degli animali ancorché ipergestita per finalità venatorie (a costo di rassegnarsi a vederli saltare e volare tra le case e le strade per la perdita degli spazi selvaggi a causa del loro disinteresse a difendere questi ultimi!).
Uno dei più vasti Rifugi Nazionali per la Fauna degli USA continentali è quello di Kofa, in una zona desertica dell’Arizona, in larga parte designato in una serie di Aree Wilderness.
L’estate scorsa l’ente gestore avrebbe voluto installare delle webcam per poter riprendere degli animali selvatici da poter poi divulgare nel sito Internet del Rifugio Faunistico. Il sistema era visto come un modo per “avvicinare la gente al Rifugio”, ed era stato localizzato presso uno degli abbeveratoi artificiali realizzati in vari punti del Rifugio, frequentato dai Bighorn (una specie di grosso Muflone), Volpi grigie, Leoni di montagna, Cervi muli e Falchi dalla coda rossa. Il Servizio Nazionale per la Pesca e la Fauna Selvatica aveva espresso la speranza di poter installare molte altre di queste webcam, per poter “portare il Rifugio e la sua fauna all’attenzione anche di quelli che non lo possono visitare direttamente”.
Il movimento ambientalista americano è subito insorto, ricordando al Servizio che il Wilderness Act proibisce espressamente ogni forma di installazione nelle Aree Wilderness. Oltretutto, c’era la preoccupazione che le riprese in tempo reale potessero anche essere utilizzare dai bracconieri. Di fronte a queste reazioni il gestore del Rifugio ha subito fatto marcia indietro, limitandosi ad installare una sola di queste webcam al di fuori delle Aree Wilderness.
La questione si era appena risolta, che un’altra “grana” è esplosa nello stesso Rifugio a causa del vincolo di Wilderness.
Sempre l’estate scorsa, ai primi di giugno, i Servizi per la Fauna, nazionale e statale, avevano annunciato il completamento di un nuovo abbeveratoio artificiale in una delle Aree Wilderness, annunciando anche il progetto di un secondo abbeveratoio. Subito una Coalizione Wilderness di associazioni ambientaliste dell’Arizona hanno fatto ricorso ad una Corte giudiziaria per ottenere il blocco di questo progetto, sostenendo che il Wilderness Act proibiva ogni forma di strutture antropiche, lamentando anche il fatto che tali progetti fossero stai previsti in segreto, cioè senza il coinvolgimento dell’opinione pubblica. «Noi desideriamo un maggior coinvolgimento pubblico nell’analisi delle problematiche ambientali relative alle Aree Wilderness». Rimostranza alla quale i funzionari dei due Servizi hanno risposto: «noi non possiamo divulgare iniziative di questi progetti per una questione di sicurezza e nemmeno possiamo dirvi il perché». Alla fine di giugno, una grande alleanza di associazioni venatorie, le quali hanno creato una Fondazione per la Difesa Legale dei Cacciatori, finalizzata a difendere “l’eredità americana alla caccia, alla pesca ed al trappolaggio, ma anche ad opporsi ad attacchi legali e legislativi da parte del movimento per i diritti degli animali”, ovviamente interessato soprattutto all’aspetto della tutela della fauna (e, va riconosciuto, non sempre all’aspetto wilderness in cui la fauna selvatica vive), si è invece opposta a quanto sostenuto dagli ambientalisti. «Gli ambientalisti vogliono utilizzare il Wilderness Act per proibire anche la gestione attiva della fauna nel Rifugio di Kofa (…) ciò potrebbe essere un precedente che potrebbe essere applicato anche in altri Rifugi designati in Wilderness», hanno sostenuto.
Sarà la Corte di Giustizia dell’Arizona a stabilire se i dettami del Wilderness Act siano o meno stati rispettati. Intanto giova qui ricordare che proprio iniziative del genere spinsero gli ambientalisti americani (naturalisti e cacciatori) a volere una legge per la Wilderness che mettesse un freno, da una parte agli eccessi di una gestione turistica dei Parchi, e dall’altro agli eccessi di una gestione faunistica dei Rifugi.