L’AIW: ANCORA SU ORSO E TURISMO IN ABRUZZO

Due prese di posizione dopo gli ultimi ben noti eventi del tragico autunno appena trascorso.

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Murialdo, 8 Settembre 2007

«Ancora una volta, e con un crescendo assolutamente deplorevole dopo le tante messe in allerta del passato, gli habitat alimentari dell’Orso bruno in questa stagione, ed in particolare le zone con popolamenti di Ramno alpino (Rhamnus alpina), che dalla fine di agosto attraggono gli orsi facendoli concentrare in esse, sono quasi quotidianamente disturbate dalla presenza di escursionisti, fotografi naturalisti e … studiosi dell’Orso.

«Nessun provvedimento sembra essere stato preso dal Parco per impedire queste situazioni di disturbo (che anzi risultano addirittura autorizzate a guide turistiche locali!); e ciò, nonostante la drammatica situazione in cui si trova la popolazione di Orso bruno che sopravvive sempre più ridotta di numero nelle montagne del Parco; al contrario continuano le discutibili catture e gli studi di comportamento ed ecologia assolutamente non più indispensabili al fine di stabilire delle iniziative di protezione (mai prese dalle autorità, e continuamente rinviate in attesa dell’esito di sempre nuovi studi ed altisonanti conferenze). Eppure basterebbe poco per salvaguardare la quiete di questi animali, quiete di cui essi hanno bisogno senza aspettare che lo attestino degli studi dagli ovvi risultati; quiete che è sempre il primo provvedimento consigliato per ogni specie faunistica in ogni parte del mondo.

«Nessuna specie animale al mondo si è mai salvata dandola in pasto al turismo! Nel Montana (USA), dove la popolazione di Orso bruno o Grizzly che sopravvive nell’Area Wilderness Tribale di Mission Mountains designata dalla Confederazione degli indiani Salish e Kootenai, ogni anno con ordinanza del Consiglio della Tribù, circa 4 mila ettari di territorio vengono assolutamente chiusi per alcuni mesi ad ogni forma di turismo al fine di assicurare la necessaria quiete ai Grizzly che vi si concentrano in occasione dell’esplosione di un bruco particolarmente ricercato dagli orsi. In pratica lo stesso fenomeno che in Abruzzo si verifica con la maturazione delle bacche del Ramno nelle poche e ben delimitare aree dove la pianta sopravvive, relitta anch’essa come l’orso. Nel Parco d’Abruzzo, anziché chiuderle al turismo, queste aree sono date “in gestione” a cooperative turistiche con la giustificazione di una finalità educativa! Così il disturbo continua come e peggio di prima, solo mascherato da una supposta intenzione ecologica. Un comportamento tipico del modo di come nel nostro Paese si affrontano tanti problemi, giocando con le parole anziché prendendo provvedimenti!

«E’ bastata, ai pellerossa (o nativi), un poco di saggezza (e forse qualche studio) per giungere ad ovvie conclusioni, e quindi al serio ed efficace provvedimento di salvaguardia. In Abruzzo, dopo quasi quarant’anni, si sta ancora studiando per capire cosa si debba fare! Forse sempre nella illusoria speranza che qualcuno trovi una soluzione che salvi capra e cavoli, cioè orso e turismo! Intanto in America l’orso bruno lo hanno salvato, ed è tanto aumentato da spingere le autorità a riconsentirne gli abbattimenti (addirittura nelle zone esterne al famoso Parco Nazionale dello Yellowstone) in quanto il loro numero è divenuto eccessivo. Da noi siamo ancora alla ricerca del toccasana, mentre gli orsi sono sempre di meno!

«Non resta che una speranza: che Dio salvi l’orso da chi dice di amarlo!»

Murialdo, 3 Ottobre 2007

«Troppo semplice, troppo comodo, addossare la responsabilità degli orsi recentemente avvelenati nel Parco Nazionale d’Abruzzo alla gente “cattiva” o ai soliti bracconieri, senza curarsi di comprendere come fatti del genere, vistosamente dolosi, non si siano mai verificati prima d’ora, senza cercare di risalire alle origini del problema, senza cercare di comprendere le motivazioni che presumibilmente sono alla fonte di questa tragedia ambientalista; senza scuse verso chi ha commesso il misfatto, ma anche senza scuse verso chi ne ha presumibilmente la responsabilità morale. Cercando di “guardare la luna, anziché il dito che la indica”!

«La gente d’Abruzzo non ha mai odiato l’Orso marsicano, e prova ne è il fatto che la specie solo qui sia potuta sopravvivere fino ai nostri giorni, quando sarebbe stato di una facilità incredibile sterminarla come stanno a dimostrare gli avvelenamenti di questi giorni o le altre tante, troppe, uccisioni effettuate, per volontà o per errore, negli ultimi trent’anni. Così come prova di questo amore sono i tanti nomignoli che la gente dei paesi del Parco d’Abruzzo ha da sempre dato a quest’animale, al fatto che nessuno ne abbia mai avuto paura. Arrabbiati solo, e comprensibilmente, quando l’orso ha arrecato ed arreca danni alle loro cose, coltivazioni o bestiame domestico.

«Ma oggi non è solo questa motivazione ad aver armato la mano di chi ha deciso di avvelenare questi orsi. Oggi l’odio è stato fomentato da altri fatti, fatti nuovi, fatti che mai in Abruzzo, Lazio e Molise si erano verificati prima a memoria d’uomo.

«Chi ha fatto sì che gli orsi, un tempo selvatici, si siano sempre più addomesticati, frequentando i paesi, e quindi i pollai e le stalle (come un tempo facevano solo le volpi!)? Chi ha fatto sì che questi orsi si siano piano piano tanto assuefatti all’uomo da far sparire in alcuni di essi la paura ed il timore che ne avevano sempre avuto?

«Chi ha iniziato la tanto nefasta e criticata (ma anche tanto attuata!) politica dei carnai, dei meleti e “caroteti”? Non si doveva forse pensare, come altri hanno fatto, al rischio di queste iniziative? Agli insegnamenti indiretti che gli orsi avrebbero acquisito, collegando sempre più spesso il cibo all’uomo?

«Gli orsi non hanno certo bisogno di queste iniziative per vivere, iniziative che invece servono a ben altri scopi che non ad alimentare questi animali: perché se lo scopo fosse solo quello di alimentarli, le soluzioni sono altre, e sono state esposte da tempo, ma sempre invano, proprio perché non soddisfacevano altre esigenze, tanto umane quanto poco ursine.

«Che senso hanno le continue catture di individui da “collarizzare” e “battezzare” con antropocentrici nomi, tutte cose che non fanno altro che favorire il fenomeno di addomesticamento, trasformando sempre più il Parco e la sua fauna in uno zoo all’aria aperta, dove i bambini si radunano a frotte davanti alle gabbie con caramelle e cioccolatini chiamando per nome i loro idoli? L’orso ha bisogno di restare selvatico nella sua selvaggia natura, non di vetrine da dare in pasto al turismo!

«Non è con mosse mediatiche come quella di offrire migliaia di Euro a chi dà indicazioni sugli autori del misfatto che si salverà l’Orso marsicano, ma facendo sì che l’Orso ritrovi la quiete di un tempo sulle sue montagne, controllando ed impedendo un certo turismo escursionistico oggi e da sempre favorito; facendo sì che non debba per forza andare a razzolare nei pollai o nei bidoni dell’immondizia per cercare un cibo al quale mai prima si era abituato; facendo sì che ritrovi nel suo ambiente il cibo abbondante che trovava un tempo ed al quale si era abituato da generazioni (greggi e coltivazioni); facendo sì che i danni siano pagati immediatamente e lautamente, anziché sprecare i soldi in tante inutile iniziative scientifiche e mediatiche che a nulla servono se non a soddisfare l’ego di tanti. Troppi soldi per inutile ricerche di ecologica comportamentale e pochi soldi per indennizzare i danni ed operare direttamente coltivazioni a perdere e per sostenere la pastorizia.

«Che le autorità frequentino di più i paesi del Parco e studino le esigenze degli abitanti locali e cerchino di andare incontro alle richieste di aiuti incentivanti agricoltura e pastorizia e paghino i danni nella forma di più corretta e lauta possibile, e lascino perdere le continue interminabili ricerche ecologiche che finiscono per avere l’unica finalità di riempire le biblioteche degli appassionati, spinti sempre più “sulle tracce dell’Orso”. Non c’è bisogno di incentivare altro amore verso questo animale; c’è bisogno di amore disinteressato, che è fatto di rinunce e di rispetto delle sue esigenze a costo di rinunce personali e sociali. Inutile strillare contro i “nemici dell’Orso”, se poi una parte di questi nemici non sono considerati tali e continuano a godere di privilegi nefasti per la specie!

«Chi ha avvelenato gli orsi era una persona esasperata; le autorità dovrebbero cercare di capire da dove nasce questa esasperazione; dovrebbero chiedersi se e quanto ne siano magari esse stesse responsabili. Solo placando questo nuovo odio e soddisfacendo le reali esigenze della gente del posto, si potrà salvare l’Orso marsicano.

«Sono oltre trent’anni che per opportunismo si negano queste cose e non si prendono seri provvedimenti per salvare l’Orso, provvedimenti ben noti ancorché impopolari, e allora di questo passo dovremo ben presto leggere la notizia della morte dell’ultimo degli Orsi marsicani.

«Con la speranza che le solite autorità non ci vengano poi a proporre altri studi e ricerche per reintrodurne esemplari provenienti dall’estero, come si sta facendo altrove. … Così il circo mediatico riprenderà a girare!