“IL VECCHIO E IL BAMBINO” RIVISITATA
Rivisitazione della famosa poesia/canzone di Francesco Guccini, per una riflessione sull’impianto fotovoltaico della Vallelonga
DEDICATO A CHI PER SOLDI E PROGRESSO DISTRUGGE I SOGNI
Ecco come sia ancora attuale la famosa canzone che il cantautore Francesco Guccini dedicò alla distruzione della natura e della campagna che all’epoca stavano facendo le industrie. Quando la scrisse, Guccini pensava agli impianti industriali classici, chimici o metalliferi, con capannoni e ciminiere fumanti, ma oggi lo stesso discorso vale per gli impianti industriali per la produzione dell’energia elettrica, quali quelli eolici, fotovoltaici o a biomasse, che con la “faccia pulita” di una produzione energetica da fonti rinnovabili hanno lo stesso effetto sulle aree di natura e di campagna in cui ovunque sono impiantati.
Col solo cambiamento o aggiunta di poche parole (quelle evidenziate in grassetto ed in corsivo) si può vedere come la famosa canzone possa adattarsi anche a tante situazioni di oggi; nel caso specifico, con un effetto quasi fotocopia, all’impianto fotovoltaico ormai completato nella Vallelonga marsicana, zona esterna al Parco Nazionale d’Abruzzo e sito di Natura 2000, habitat primario dell’Orso bruno marsicano.
Un vecchio e un bambino
si preser per mano
e andarono insieme
incontro alla sera;
il fotovoltaico
appariva lontano
e gli specchi brillavan
di luce non vera;
l’immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l’occhio di un uomo
poteva guardare
e tutto d’intorno
non c’era nessuno
solo una selva di ferro e pannelli di litio.
I due camminavano
il giorno cadeva,
il vecchio parlava
e piano piangeva
con l’anima assente,
con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo
di miti passati.
I vecchi subiscon
l’ingiuria degli anni,
non sanno distinguere
il vero dai sogni;
i vecchi non sanno
nel loro pensiero
distinguere nei sogni
il falso dal vero.
E il vecchio diceva
guardando lontano
immagina questo
coperto di grano
immagina i frutti dei ciliegi canini
e immagina i fiori dei tenui cornioli
e pensa alle voci e pensa ai colori.
E in questa pianura
fin dove si perde
crescevano gli alberi
e tutto era verde;
cadeva la pioggia
segnavano i soli
il ritmo dell’uomo e delle stagioni.
Il bimbo ristette
lo sguardo era triste
e gli occhi guardavano
cose mai viste;
e poi disse al vecchio,
con voce sognante:
“mi piaccion le fiabe
raccontane altre.”
Qui sotto le parole originarie di Guccini, sostituite nella rielaborazione.
la polvere rossa
si alzava lontano
e il sole brillava
solo il tetro contorno di torri di fumo.
AFFINCHE’ RESTINO ALLA STORIA
I DOCUMENTI CHE HANNO CONSENTITO L’OK AL PROGETTO …
La sintomatica storia degli eventi che hanno poi portato all’approvazione del progetto fotovoltaico realizzato nella media Vallelonga (in Sito SIC e nella Zona di Protezione Esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo), uno dei più grandi d’Italia (ben 14 ettari, ancorché questa misura sia poi stata opportunamente sminuita dalle autorità del Parco, al fine di consentire un’approvazione che forse sarebbe stato il caso che proprio questo Ente non avesse mai consentito, visto il suo primario scopo di salvare l’Orso marsicano e di tutelare il suo ambiente di vita). Ovverosia, la dimostrazione di come, giocando con le parole, in Italia si possano autorizzare anche le cose più proibite, e di come anche le leggi più severe a difesa di ambiente e paesaggio possano essere aggirate dalle stesse autorità che hanno per scopo e finalità proprio la difesa dell’ambiente e del paesaggio. Un Paese, l’Italia, dove raramente per difendere ambiente e paesaggio si dice di NO, e dove si può sempre dire di SI’, specie quando sono in gioco progetti del costo di milioni di euro. E’ con giochi di parole, come quelli che qui pubblichiamo ad esempium, che il territorio italiano viene sempre più “consumato” con urbanizzazioni ed antropizzazioni di ogni genere e, come in questo caso, con le motivazioni più “ecologiche”: la produzione di energia “pulita”!
Documento del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Pescasseroli, 17 Marzo 2010
In riferimento alla (…) realizzazione di un impianto fotovoltaico nei Comuni di Collelongo e Villavallelonga si espongono qui di seguito alcune considerazioni emerse a seguito di sopralluogo sul sito dell’impianto (…)
– l’impianto risulta localizzato ai margini del sito SIC 7110205 a cavallo del confine tra i due Comuni;
– la superficie complessivamente interessata dall’impianto è di circa 14 ha di cui solo il 32%, pari quindi a circa 4,4 ha, risultano occupati effettivamente dalle stringhe di celle fotovoltaiche. La rimanente superficie è interessata dalle strutture di servizio e da vie di passaggio;
– l’impianto è localizzato a ridosso delle prime case del paese di Villavallelonga, a circa 130 metri dalla strada provinciale per Trasacco, ed è situato tra la discarica comunale di Villavallelonga, il depuratore e le abitazioni in un’area incolta parzialmente ricoperta a cespugli di ginepro, prugnolo, biancospino.
L’area pertanto risulta essere già fortemente antropizzata e quindi di basso valore naturalistico; nell’integrazione alla valutazione di incidenza il Comune inoltre prevede alcuni interventi di mitigazione:
. Inizio dei lavori a partire da metà giugno al fine di non interferire con la stagione riproduttiva dell’avifauna.
. Allestimento di impianto antintrusione a infrarossi al fine di mitigare l’inquinamento luminoso relativo alla sorveglianza notturna dell’impianto.
. Risemina della superficie occupata dall’impianto per la ricostituzione del manto erbaceo.
. Messa a dimora perimetrale di arbusti appartenenti alle stesse specie presenti nell’area (biancospino, prugnolo, rosa canina, perastro).
. Rinaturalizzazione dell’area al momento della dismissione dell’impianto.
Per quanto riguarda il potenziale impatto dell’impianto sulla presenza di individui di orso bruno marsicano si ritiene minima l’incidenza: l’area interessata è un incolto disseminato di cespugli di ginepro, prugnolo, biancospino (specie poco appetite dall’orso) a ridosso del centro abitato e di altre strutture. Tale collocazione rende l’area sicuramente poco frequentata dalla specie e l’esigua superficie (14 ha totali) interessata dall’impianto rappresenta lo 0,02 della superficie del SIC IT7110205: tale percentuale non rappresenta sicuramente una sottrazione di habitat e di risorse alimentari significative per la specie.
Per tutto quanto sopra esposto si ritengono le misure di mitigazione proposte sufficienti a compensare l’incidenza dell’impianto.
IL DIRETTORE
Dott. Vittorio Ducoli
Documento della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per l’Abruzzo
L’Aquila, 5 Maggio 2010
(…) successivamente al sopralluogo effettuato (…) si ritiene di poter esporre, entro i propri ambiti di competenza, le seguenti argomentazioni:
L’impianto verrebbe localizzato tra i Comuni di Collelongo e Villavallelonga, in un’area non molto distante dalle prime abitazioni del secondo, e compresa tra la strada provinciale per Trasacco e l’alveo del torrente Tosa.
L’area, una volta usata come fondo agricolo, è stata gradualmente abbandonata fino a risultare totalmente incolta. E’ attualmente ricoperta di cespugli, soprattutto biancospino e ginepro, oltre ad innumerevoli cumuli di pietre faticosamente accumulati dalle maestranze locali che tentavano in tutti i modi di sfruttare ogni fazzoletto di terreno disponibile. Perciò ne risulta un quadro dal non eccelso valore naturalistico, senza nulla togliere alla straordinaria bellezza paesaggistica della Vallelonga.
Ma il contesto in oggetto, così come descritto, più che il regno dell’orso sembrerebbe il regno dei cacciatori, visto l’ampio tappeto di bossoli che, chi scrive, ha potuto constatare de visu. Motivo in più per pensare, legittimamente, che il buon orso ed altre specie animali, volatili soprattutto, scelgano altri luoghi, magari più tranquilli e magari con meno presenza dell’uomo, atteso che la zona risulta già sufficientemente antropizzata.
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO IL SOPRINTENDENTE
Arch. Sergio L. Pietraforte Arch. Luca Maggi
… E LE RISPOSTE DELL’AIW
Murialdo, 21 Marzo 2010 – al Parco Nazionale d’Abruzzo
(…)
Innanzitutto si tiene a stigmatizzare come la suddetta presa di posizione dell’Ente Parco sia quanto meno carente dal punto di vista dell’impatto paesaggistico (assolutamente ignorato!), e addirittura la riteniamo deplorevole da parte di un organismo preposto per legge alla tutela di uno dei più importanti patrimoni ambientali del Paese, nonché alla luce dei provvedimenti di legge esistenti a sua supporto (legge del Parco con riferimento specifico alla sua zona contigua, vincolo paesaggistico e Sito di Importanza Comunitaria). La suddetta nota sembrerebbe scritta, non già da un tale autorevole organismo con finalità di salvaguardia e co-firmatario del famoso (ed evidentemente inoperante!) PATOM, ma dai Comuni appaltatori o dalla ditta esecutrice del progetto! Una deplorevole presa di posizione che non può che lasciare allibito chiunque abbia a cuore la difesa di questi luoghi.
Solamente per l’adesione data al PATOM, il suddetto ente avrebbe forse dovuto quanto meno astenersi o prendere una posizione molto prudenziale.
Qui si parla di territori nell’ambito dell’habitat dell’Orso bruno marsicano, la più importante (se non altro per le dimensioni) specie faunistica d’Italia, per la difesa della quale anche un solo metro quadrato di territorio andrebbe difeso (ed in questo caso è proprio il caso di dirlo!) con le unghie e con i denti, se veramente si vuole che essa possa sopravvivere alle nostre ingorde generazioni.
Invece siamo costretti a leggere che 15 ettari di habitat (…) sono solo piccola cosa: “il solo 0,02% del SIC”! Purtroppo è con tanti minuscoli 0,02% di habitat perso che piano piano si arriverà a distruggere sempre più del già scarso spazio vitale per questa specie. Quando alla fine degli anni ‘60 ed agli inizi di quelli ’70 del secolo scorso si operò quella che ancora oggi è ricordata come “speculazione edilizia di Pescasseroli” con residence, ville e sciovie che divorarono almeno 300 ettari di quel mondo, allora posto “solo ai margini del Parco Nazionale” (per usare le stesse parole che oggi leggiamo in merito alla posizione del progetto della Vallelonga in rapporto al SIC!), nessuno si sognò di dire che quello spazio era (quale in effetti era!) solo l’1% del territorio allora protetto nel Parco Nazionale; bensì, tutto il Paese (ambientalisti e uomini politici e di governo), ed anche l’Europa, si mosse per fermare quello scempio! Oggi il progetto fotovoltaico (…) verrebbe ad interessare solo (…) lo 0,018% della zona contigua: se questo è l’indirizzo delle autorità del Parco, come non pensare che le autorità superiori non debbano adeguarvisi, ritenendo queste motivazioni sufficienti a giustificare i progetti?
Peccato che le opere di urbanizzazione in un’area protetta non si debbano valutare in base ai metri quadri impegnati, bensì sulla base dell’impatto sul paesaggio e sui loro effetti indiretti sulla fauna e la flora. Forse questo devono ancora impararlo i nuovi studiosi, tecnici ed “esperti” dei nostri Parchi Nazionali!
Di conseguenza viene quindi sminuito il fatto che l’urbanizzazione sarebbe estesa a tutto il complesso dei 15 ettari (…) e non già allo spazio occupato dai pannelli. Quindici ettari di habitat comunque oggi assolutamente agricolo o ex agricolo (campi e piantagioni di noci) ed avviato a rinaturalizzazione di habitat floro-faunistico. Addirittura ridicole sono le norme di “mitigazione” previste (e dal Parco giustificate!), come quella sulla stagione di riproduzione degli uccelli (su una zona da devastare con ruspe e costruzioni!), la messa a dimora di arbusti perimetrali (quando il vero danno paesaggistico è quello visibile dalle montagne circostanti!) o l’impegno a rinaturalizzare il luogo al momento della dismissione (quando in considerazione alla proprietà divenuta pubblica, la logica e la storia ci insegna che già si sarà pensato a ben alte forme di utilizzo!).
E invece, purtroppo, nessun riferimento al grave impatto paesaggistico che il progetto avrebbe sulla vallata viene adombrato (che sarebbe poi il danno maggiore), mentre viene evidenziata, a giustificazione dello scarso impatto, la sua vicinanza al paese (…) e la sua marginalità al SIC: come se marginalità non significasse fare parte integrante di un complesso!
In merito alla presenza del Sito di Importanza Comunitaria, il sottoscritto firmatario della presente lettera (…) tiene intanto a ribadire, quale ex dipendente del Parco Nazionale con la qualifica di tecnico naturalista, vissuto per dieci anni a Villavallelonga, con dichiarazione da intendersi qui AUTOCERTIFICATA, che fu egli a constatare e segnalare verbalmente ad altri naturalisti la presenza nidificante, nella zona ex agraria della valle, della rara specie Ortolano (Emberiza hortulana); specie della Direttiva Uccelli per la tutela della quale anche sono stati designati i SIC. Così come può attestare la presenza nidificante del Succiacapre (Caprimulgus europaeus), presenza confermata anche da un ex Guardaparco in servizio in quella zona, nonché dell’Averla piccola (Lanius collurio), ancora fotografata (una coppia, con evidente riconoscimento dei luoghi) nel giugno del 2009 nell’alta valle (…)
(…)
Autorizzando questi due progetti (ma anche i tanti altri in itinere, sia fotovoltaici sia eolici) si farà carta straccia del PATOM. Accordo autorevolmente sottoscritto per la protezione dell’Orso bruno e la conservazione del suo habitat.
(…)
IL SEGRETARIO GENERALE
Franco Zunino
Murialdo, 8 Maggio 2010 – alla Soprintendenza ai Beni Paesaggistici
Desta in noi profonda meraviglia quanto si legge nella nota citata in oggetto, in quanto i tecnici preposti al sopralluogo si lasciano andare in considerazioni niente affatto di loro competenza (quasi si ridicolizza l’importanza di TUTTA la Vallelonga quale habitat primario dell’Orso bruno marsicano (…) nonché della stessa Valle quale habitat delle specie di uccelli elencate nella Direttiva “Uccelli” della UE (…) mentre ignorano l’impatto che l’opera potrebbe avere su di un paesaggio che loro stessi riconoscono avere “straordinaria bellezza”.
(…) Per non dire dei commenti irrituali e non richiesti (o quanto meno non di loro competenza) sulla frequentazione del sito da parte di cacciatori, segno peraltro che anche la fauna lo frequenta, altrimenti non si capisce a chi abbiano sparato i cacciatori visto il ritrovamento di un “ampio tappeto di bossoli”. In pratica, una relazione che stranamente sembrerebbe mirata (non vogliamo pensare che sia stata anche ispirata!) a sminuire il valore della zona, anziché volta a stabilire se il progetto possa avere o meno impatto sul paesaggio: come se la tutela del paesaggio non fosse di competenza della suddetta Soprintendenza!
(…)
Così come, pur facendo riferimento al Torrente Rosa, nulla si dice sull’incidenza o meno del vincolo Galasso sugli alvei di acque pubbliche; alveo torrentizio peraltro anche di competenza del Bacino Liri-Garigliano, al quale infatti vanno avanzate richieste di nulla osta per qualsiasi opera ad esso relativa.
Ci sembra quindi corretto richiedere che l’ufficio in epigrafe si esprima esclusivamente in merito a quanto di competenza, ovvero sull’impatto che il progetto in questione (ed esteso ben 15 ettari!) potrebbe avere o meno su uno scenario che, teniamo a ribadirlo, gli estensori di detta missiva e, si presuppone, anche esecutori del relativo sopralluogo, hanno definito “di straordinaria bellezza paesaggistica”. Un paesaggio che riteniamo sia di stretta ed unica pertinenza di codesta Soprintendenza la quale dovrebbe avere il dovere istituzionale di tutelare e non già di giustificare le opere che lo potrebbero impattare. Invece, non si capisce per quale ragione, ci si è persi in inutili e non pertinenti rilievi su bossoli, cacciatori, cespugli, cumulo di pietre (“faticosamente accumulati”!) frequentazione di orsi ed uccelli anziché sugli effetti visivi che il progetto avrebbe per lo scenario paesaggistico in cui dovrebbe inserirsi, questi sì di sua pertinenza, e questi sì “un quadro” (non quello del sito in sé!), l’unico quadro che la Soprintendenza dovrebbe pensare a difendere.
Forse è il caso di ricordare a chi legge che uno scenario si difende anche difendendo i suoi circondari: non per nulla la palazzina di fronte al Colosseo di cui tanto si è scritto in questi giorni è stata considerata scandalosa e degna di un’inchiesta sul chi la poté autorizzare, visto che aveva di fronte il Colosseo, opera di “straordinaria bellezza” architettonica!
IL SEGRETARIO GENERALE
Franco Zunino
E, PER CONCLUDERE: QUATTRO COMMENTI FINALI, A COSE FATTE!
1. La tutela degli habitat è ritenuta principio fondamentale nella gestione dei siti SIC dell’Unione Europea, e così dicasi nel programma del tanto esaltato PATOM (ma che, a parte porre limiti ai cacciatori, ben poco – per non dire nulla – ha fatto per tutelare l’habitat dell’Orso bruno marsicano). A sconfessare quanto l’allora Direttore del Parco d’Abruzzo ha scritto nella sua lettera autorizzativa: « (…) un’area (…) fortemente antropizzata e quindi di basso valore naturalistico (…) un incolto disseminato di cespugli di ginepro, prugnolo, biancospino (specie poco appetite dall’orso) (…) sicuramente poco frequentata dalla specie (…) tale percentuale non rappresenta sicuramente una sottrazione di habitat e di risorse alimentari significative per la specie. », si esamini la carta pubblicata qui sopra, ripresa dalla rivista del Parco Nazionale d’Abruzzo “Natura Protetta”, dove è evidenziato quello che è ritenuto l’areale primario di vita dell’Orso marsicano. Ebbene, si osservi bene l’ubicazione dell’impianto fotovoltaico della Vallelonga, indicato con il pallino nero.
2. Nonostante la puntuale segnalazione dell’AIW (poi ribadita dalla LIPU) sulla presenza del rarissimo Ortolano (Emberiza hortulana) nella piana ex agricola della Vallelonga, specie tra le più a rischio di estinzione in tutta Europa, il cui habitat è proprio quello che nelle lettere autorizzativie del Parco Nazionale e della Soprintendenza è descritto, ma ritenuto di nessun valore naturalistico, con le seguenti parole: Parco: «(…) di basso valore naturalistico (…) un incolto disseminato di cespugli di ginepro, prugnolo, biancospino (…)»; Soprintendenza: «L’area (…) fondo agricolo (…) gradualmente abbandonata fino a risultare totalmente incolta (…) attualmente ricoperta di cespugli, soprattutto biancospino e ginepro (…) un quadro dal non eccelso valore naturalistico (…). Motivo in più per pensare, legittimamente, che il buon orso ed altre specie animali, volatili soprattutto, scelgano altri luoghi, magari più tranquilli (…) atteso che la zona risulta già sufficientemente antropizzata. »
Al contrario, ecco come esperti svizzeri di questa rara specie (forse, in tutta l’area del Parco Nazionale presente solo nella Vallelonga) ne descrivono l’habitat: «la specie nidifica principalmente in zone arbustive aperte e simil-steppiche (…) in habitat agricoli, in modo particolare in aree con scarsa attività agricola, spesso cespugliosa (…) con alberi isolati, siepi e marginali foreste (…) relativamente calde ed asciutte, con suolo facilmente drenante (…) ».
Ovvero, la fedele descrizione dell’habitat della Vallelonga denigrato da Parco e Soprintendenza!
3. Nell’area del progetto, letteralmente spianata di ogni elemento naturale e di ogni elemento di origine antropica, esistono ed esistevano elementi di natura antropica che così ha descritto la Soprintendenza: «(…) innumerevoli cumuli di pietre faticosamente accumulati dalle maestranze locali che tentavano in tutti i modi di sfruttare ogni fazzoletto di terreno disponibile (…) ». Ebbene, per chi conosce questi “cumuli” di pietre, essi hanno una valore storico, culturale ed archeologico che una Soprintendenza ai Beni Ambientali avrebbe dovuto avere il dovere di tutelare, trattandosi di elementi di antichissimo fattura (forse anche migliaia di anni), ed un Comune di preservarli per rispetto delle radici culturali della propria gente. Non semplici mucchi di pietrame, ma mucchi di pietrame alti anche qualche metro, che generazioni e generazioni di uomini avevano accumulato per rendere coltivabili quei luoghi. La loro datazione non è mai stata calcolata, ma certamente è ben lontano dal limite che permette di considerare certi artefatti come opere di valore storico ed archeologico o comunque culturale.
4. Che ne è del vincolo “Galasso” che proibisce ogni forma di costruzione ed opera a meno di 100 metri dai corsi d’acqua censiti dal demanio statale?
AUTORE: Franco Zunino
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