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Povero orso con un nome d’uomo… per onorare un uomo!

Juan Carrito ha finito di scorrazzare tra un paese e l’altro dell’alto Sangro: la sera del 23 gennaio scorso è morto, investito da un automobilista lungo la statale per Castel di Sangro mentre fuori da un giorno imperversava una fitta nevicata. Avrebbe dovuto da tempo stare addormentato in una sua tana d’inverno, invece stava ancora in giro, probabilmente alla ricerca di quel cibo che fin da quando aveva lasciato la tana dove era nato, seguendo la madre aveva imparato a trovarlo attorno e nelle case dell’uomo. Una responsabilità che nessuno si vuole prendere, ma che qualcuno ha.

Juan Carrito “ha reso famoso l’Abruzzo”, ha dichiarato il Presidente della Regione. Ed è vero, anche se l’ Abruzzo non aveva certo bisogno di lui per farsi conoscere, visto che è un secolo che la Regione è famosa per i suoi orsi. Tanto da aver spinto uomini di cultura ed autorità ad istituirvi il primo Parco Nazionale d’Italia. Solo che Juan Carrito nel Parco non ci è mai vissuto perché presumibilmente nato fuori dai suoi confini assieme ai sui tre fratelli e sorelle (di cui più nessuno ci ha detto che fine abbiano fatto! E ci auguriamo che almeno loro siano ancora tra i vivi).

In fondo, Juan Carrito ha fatto la fine che hanno fatto altri orsi “confidenti” o “problematici” che negli ultimi decenni hanno reso famoso l’Abruzzo, purtroppo non perché vivessero nel famoso Parco Nazionale, ma perché nel Parco Nazionale non vi vivono quasi più; tanto da aver fatto dire più volte alle autorità (ed è gravissimo che lo abbiano dichiarato!), che era un bene che vivessero fuori dai suoi confini (in qualche modo si doveva pur giustificare il loro sbandamento!). Qualcuno ha anche asserito che Juan Carrito era un orso ormai perso, in quanto semidomestico: una grande verità anche questa. Solo che bisognava anche chiedersi perché Juan Carrito si era addomesticato e perché lo era già la madre. E perché lo sono stati e lo sono ancora tanti altri? Perché questo fenomeno è esploso solo degli ultimi decenni e non prima? Ma su questo mai nessuno ha indagato. Forse perché certe verità è meglio non farle sapere. Ecco bisognerebbe andare alle radici del problema; invece di quelle radici nessuno vuole parlare: ci si comporta come se questo fenomeno fosse sempre esistito! Ed è una grande bugia! Hanno fatto di tutto per quest’orso, specie nel manipolarlo, finanche fatto venire un esperto dall’America: non è servito a nulla, Juan Carrito è morto come qualcuno già da tempo aveva pronosticato… e non già ucciso dai fantomatici bracconieri di cui ci parlavano e ci parlano ancora le autorità, ma da una banale incolpevole automobilista. E questo nonostante la “messa insicurezza” delle strade e autostrade di mezzo Abruzzo con inutili barriere e cartelli che hanno fatto scena, ma prive di ogni utilità pratica. Peccato che non abbiano o siano riusciti a mettere in sicurezza l’orso marsicano! Eppure di milioni di euro se ne sono spesi non pochi, qualcuno ha scritto che ne siano stati sperperati (sperperati, perché di orsi ce ne sono sempre di meno!) ormai almeno 15! peccato che li abbiano spesi piuttosto per inutili (?) studi e ricerche di biologia ed etologia che nulla di nuovo hanno rivelato più di quanto già non si sapesse 50 anni or sono! E questo a fronte di un nulla di fatto per risolvere i problemi alimentari della popolazione (forzatamente spinta a doversi ritrasformare – volente o nolente – nell’antico orso “primigenio”, che si cibava solo di erba, frutti selvatici e carcasse di animali selvatici predati dai lupi!).

Povero Juan Carrito, trasformato in un “Bambi” disneyano, in uno Smokey Bear e Teddy Bear italiano! Hanno fatto così felice i media, giornali, radio, televisioni, internet, che di notizie di “colore” (come dicono loro) hanno sempre bisogno; ma, per te, che hanno fatto, a parte averti messo un radiocollare e ogni tanto avertelo cambiato addormentandoti, sempre con il rischio e la paura che non ti dovessi risvegliare più? Hanno anche cercare di “educarti” (loro dicono rieducarti!) al mondo selvaggio che non hai mai conosciuto perché anche la tua mamma lo aveva dimenticato. Ti hanno dato un nome d’uomo, così come hanno fatto per tanti altri prima di te, quasi tutti morti con quel nome addosso: Sandrino, Yoga, Bernardo, Morena, Mario, Gemma, Amarena, Peppina, ecc; e anche “Forchetta”: morta senza che nessuno mai si sia chiesto perché abbia vissuto gli ultimi tempi senza una zampa, così da evitare colpevolizzazioni magari imbarazzanti. Nomi d’uomo per ego-onorare persone vive e non già presi dal mondo naturale e selvaggio da cui venivate. Ecco, anche così vi hanno “addomesticato”, per poi lamentarsi che lo siate stati, e allora definirvi “problematici” solo perché all’uomo avete creato problemi. Vero, ma non per colpa vostra…

Il 23 di gennaio gli orsi marsicani satolli se ne stanno nascosti nelle loro tane d’inverno, non a spasso lungo le strade dell’uomo! Sì, perché, in fondo, di satollarsi aveva bisogno Juan Carrito e tutta la sua genia: mais, grano, lupinella e pecore. Ecco, sarebbero bastati una serie di “Recinti Finamore” e lo avrebbero messo in sicurezza lontano dalle strade e dai paesi dove andava a cercare quel cibo che non trovava più in montagna. Anche perché la sua mamma, la altrettanto nota Amarena, gli aveva insegnato, già lei malata d’uomo, che il cibo si trovava dove stavano e vivevano gli uomini. E dato che in montagne gli uomini rurali non ci vivono praticamente più, ecco che li andava a cercare nei paesi. Un tempo tutte le vallate del Parco erano coltivate e sui pascoli pascolavano migliaia di pecore (30.000 solo a Pescasseroli, si dice). Bastava riportare un poco di quelle greggi e seminare un poco di quei campi e forse Juan Carrito non sarebbe mai morto. Solo che essere scienziati per poi finire a proporre cose da contadini, non piace alla gente che ha studiato nelle prestigiose università urbane dove hanno acquisto lauree e master! Ecco che allora bisogna studiare, predisporre lacci d’acciaio e trappole di cattura, radiocollarizzare, monitorare, posizionare cartelli, dissuasori, stendere recinzioni, finanche quelle elettrificate che gli orsi fanno allontanare sempre più. E questo per non dover spendere soldi nell’indennizzare i suoi danni; ed utilizzare quei soldi invece per altri studi e ricerche, quando non per veri e propri stipendi. E invece sarebbero bastate un poco di pecore “pubbliche” da lasciare alla libera predazione degli orsi. Sarebbe bastato abbattere qualche cervo e qualche cinghiale e lasciare le loro carcasse a disposizione di orsi, lupi ed aquile. Sarebbe bastato qualche “Recinto Finamore” (la più fantastica invenzione per favorire la presenza dell’orso negli antichi coltivi oggi in abbandono!). Sarebbe bastato chiudere al turismo qualche rifugio di troppo e realizzare qualche “sentiero” di bear-whatching di meno. Sarebbe bastato isolare qualche area da riservare agli orsi come in America hanno fatto finanche i popoli nativi per il loro amato grizzly. E, perché no, forse anche ridurre la presenza di qualche lupo, che certamente non pochi cuccioli d’orso hanno fatto sparire all’insaputa di tutti, perché tracce non ne lasciano i predatori quando sbranano un cucciolo. Invece si è preferito studiare il dna degli orsi, monitorarli, computerizzare dati e statistiche, realizzare podcast, organizzare conferenze, incontri e convegni autoreferenziali: in conclusione, solo per separare i vivi dai morti! E ora tra quei morti va conteggiato anche Juan Carrito, mentre ancora le autorità non ci hanno detto quanti cuccioli di orso sono nati nel 2022.

Ecco, se Juan Carrito è morto non è per colpa della povera automobilista che se lo è trovato sulla carreggiata, ma perché Juan Carrito non dove trovarsi là il 23 di gennaio!

E ora, che i politici stiano attenti a non cascare nella solita trappola dei mega progetti per barriere autostradali e tunnel e passaggi sopraelevati su strade e autostrade, anziché favorire l’alimentazione di origine antropica dell’orso: altrimenti si finirà come per i cinghiali e la peste suina, dove anziché provvedere ad immediati, rapidi e compassionevoli abbattimenti si è preferito dare retta agli animalisti e stanziare milioni di euro per una inutile recinzione che mettesse “in sicurezza” la zona rossa, mentre nel frattempo i cinghiali già l’hanno superata e proseguono a diffondere la peste, peraltro con atroci morti che una rapida pallottola avrebbe loro evitato, salvando il resto della popolazione. Scelte sbagliate dettate da gente solo “esperta” di animalismo, ma non già di gestione della fauna selvatica!

Ora, ormai in letargo perenne, riposa in pace povero orso marsicano incolpevolmente chiamato Juan Carrito, ultimo della lista dei morti! E che non debba succedere che ti facciano imbalsamare per trasformarti, anche da morto, nell’attrazione turistica che sei stato da vivo! E Dio non voglia che qualcuno ricominci anche a parlare dei tuoi “cugini” montenegrini, greci e albanesi quale ultima chance per.., far proseguire il circo mediatico su cui si basa l’apparato che permette di richiedere e giustificare altri milioni di euro per studi e ricerche… mentre gli orsi vanno alla vana ricerca di cibo e di quiete ce più nessuno gli fornisce… e a morire lungo la SS 17 o quale per essa!

Murialdo, 25 Gennaio 2023                                                 Franco Zunino

                                                                                   Segretario Generale AIW

                                             (già primo studioso sul campo dell’Orso marsicano)

25 gennaio 2023

Addio Juan Carrito!

Povero orso con un nome d’uomo… per onorare un uomo! Juan Carrito ha finito di scorrazzare tra un paese e l’altro dell’alto Sangro: la sera del 23 gennaio scorso è morto, investito da un automobilista lungo la statale per Castel di Sangro mentre fuori da un giorno imperversava una fitta nevicata. Avrebbe dovuto da tempo stare addormentato in una sua tana d’inverno, invece stava ancora in giro, probabilmente alla ricerca di quel cibo che fin da quando aveva lasciato la tana dove era nato, seguendo la madre aveva imparato a trovarlo attorno e nelle case dell’uomo. Una responsabilità che nessuno […]
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