“Se possiamo essere contenti per l’erogazione in extremis del contributo che potrà assicurare la sopravvivenza ai Colibrì detenuti nella struttura di Trieste, lo saremo di più se sarà attivata un’azione di chiarimento da parte del Ministero, da estendere alle tante strutture che vantano finalità scientifico-didattiche, ricevendo fondi in tal senso, mentre di fatto sono luoghi dove gli animali sono esposti al pubblico pagante a scopo di attrazione”, prosegue Nadia Masutti.
Il Progetto in questione è quantomeno molto discutibile: cosa c’entrano i Colibrì con l’Italia, dove per essere mantenuti in vita hanno bisogno di un ambiente microclimatico artificiale, perché incompatibile con le nostre temperature? E la loro asserita reintroduzione in natura come può avvenire considerata soprattutto la distanza dell’Italia dal Perù, che comporta viaggi stressanti e pericolosi, senza contare la difficoltà di reinserimento di specie allevate in cattività, nutrite con alimenti prodotti artificialmente da una ditta farmaceutica che rifornisce il Centro? Da considerare, inoltre, che non sono uccelli stanziali, bensì un popolo di migratori che compie ogni anno delle vere e proprie trasvolate, a volte da un capo all’altro del continente americano.
Le numerose specie esistenti di Colibrì, circa 300, abitano quasi tutte nelle foreste tropicali dell’America centrale e meridionale. Il loro più grande merito è quello di essere responsabili dell’impollinazione di più dell’80% degli alberi e delle piante presenti nel territorio in cui vivono. Sta a dire che un’eventuale estinzione dei colibrì porterebbe alla scomparsa, in tempi relativamente brevi, di foreste tropicali quali quelle Amazzoniche, con effetti devastanti per l’intero Pianeta.
Ufficio stampa LAV
La cosa più logica sarebbe stata quella di investire questi soldi sul posto (cioè in Perù), salvaguardando seriamente estese porzioni di habitat di queste specie di colibrì (in modo da conservare contestualmente, vedi un po’, tutta la biodiversità locale!).
Anch’io sono assolutamente contrario a queste operazioni che sanno tanto di mercificazione del problema e di business per taluni furbetti, le quali, senza continui contributi e apporti esterni di energie e denaro, non possono stare in piedi (poi vorrei vedere cosa ce ne faremo, un domani, di 80 o 120 o 200 colibrì peruviani se non potremo più reinserirli nel loro ambiente originario, causa avvenuta distruzione dell’habitat nell’indifferenza generale!).
Riccardo Tucci
Vicepresidente AIW
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