Una saggia, pratica e ancorché “scientifica”, presa di posizione da parte di chi la fauna selvatica conosce più di tanti animalisti e pseudo conservazionisti del rewilding!
Diffondiamo questa nota dello zoologo Spartaco Gippoliti (Membro dell’IUCN/SSC Primate Specialist Group) che, pur tralasciando il problema genetico-comportamentale di questi orsi sloveni del Trentino, affronta quello delle assurde e incompetenti dichiarazioni in merito di cui si è letto sui media, compresa quella del Ministro dell’Ambiente (evidentemente più attento a non farsi nemici – perdita di voti! – tra i Brambilliani che non a risolvere il VERO problema degli orsi in Trentino, che è il loro carattere aggressivo e ciò che questo comporta per la convivenza con la gente del Trentino ed i turisti.
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Perché sterilizzare gli orsi in Trentino è scelta insensata
La questione orsi in Trentino, come da pochi previsto, include un potenziale altissimo di deviazione ulteriore delle politiche ambientali in Italia. Nel caso di una specie così carismatica non deve stupire che, in qualche maniera, anche le tematiche tecniche divengono ostaggio della ideologizzazione tipica di un più o meno mascherato antispecismo animalista.
“Per esempio, la scelta tra captivazione e uccisione di un esemplare è una scelta discrezionale, ma che ha una forte connotazione politica” dice il professor Marco Olivi, docente di Diritto amministrativo presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e Direttore del master in “Amministrazione e gestione della fauna selvatica” (Zibordi & Fattor, 2024). Ma la Direttiva Habitat si pone l’obiettivo, come tutta la legislazione ambientale, di proteggere specie e popolazioni, non la vita di ogni singolo animale!
Il Consiglio di Stato esce drammaticamente dal seminato nell’accentrare l’attenzione su un fattore assolutamente secondario – l’abbattimento piuttosto che la captivazione – mentre Olivi, nell’intervista suindicata, focalizza il problema dell’adattamento di orsi giovani alla cattività quando il problema, semmai, è l’adattamento – o il non adattamento – degli orsi adulti! Quindi proprio per il rispetto del benessere animale, ma anche per motivi economici ed educativi – su cui torneremo – l’uccisione di orsi problematici appare l’unica soluzione da seguire in Trentino. Ugualmente folle è oggi dovere parlare di sterilizzazione delle orse pericolose. A parte le considerazioni sulle conseguenze per la viabilità della popolazione – orse sterili che tolgono spazio e risorse a orse che contribuiscono alla sopravvivenza della popolazione – qualcuno ha idea degli effetti sulla fisiologia e comportamento negli orsi? Nessuno, perché in nessuna parte del mondo ci si spinge fino a questi livelli di demagogia e follia ingegneristica pur di non ammazzare un animale! Torniamo poi alla questione economica e educativa, strettamente connesse. Adottare queste strategie ad speciem come la captivazione o la sterilizzazione non solo sembrano non favorire il welfare di orse nate in natura (welfare, parola mitica e abusata di cui nessun animalista sembra avere una esatta cognizione) (Lauber et al., 2007) ma richiede ingenti risorse che vengono tolte ad altre funzioni che magari sono assai più importanti anche nel quadro della Convenzione di Berna. Si diffonde quindi nell’opinione pubblica la visione distorta che con la tecnologia e risorse illimitate – che non ci sono – sia possibile risolvere qualsiasi ‘apparente’ conflitto con il verbo antispecista. A nostro avviso invece il Consiglio di Stato e altri organismi di controllo incoraggiano un uso improprio di fondi pubblici allorché utilizzano la Convenzione di Berna per incoraggiare siffatti provvedimenti. A ben vedere poi, questa gestione ecocentrica trasmette un’idea di rewilding – altro termine abusato – ben curiosa e paradossale. Si chiede che i neonati di orsi in difficoltà vengano soccorsi, si raccolgono i lupetti abbandonati e si liberano dei parassiti – come se questi non facessero parte dell’equilibrio naturale – si tutelano gli ibridi lupi x cani e nessuno grida allo scandalo, allo scempio della ‘biodiversità’. Insomma, se ragionate bene, appare chiaro che solo gli uomini ‘normali’ appaiono ‘fuori posto’ da questo quadro mentre quelli che appartengono a categorie elette – animalisti, gestori di centri di recupero, corpi pubblici e aree protette oramai asserviti alla morale animalista – agiscono seguendo la loro personale prospettiva senza che nessuno li richiami alle leggi e alla logica. Insomma è come se la questione della fame nel mondo fosse affidate a pie dame che fanno la carità fuori dalla chiesa…..
Chi esce sconfitta da queste diatribe italiane, ancora una volta, è la conservazione della biodiversità che viene percepita sempre più dalle comunità coinvolte come l’ennesimo balzello di uno Stato farraginoso incapace di allontanarsi dai salotti di Roma.
Referenze
Lauber T.B., Knuth B.A., Tantillo J.A. & Curtis P.D. 2007. The Role of Ethical Judgments Related to Wildlife Fertility Control. Society & Natural Resources, 20: 119-133
Zibordi F. , Fattor M. 2024. Orsi e ricorsi: il rapporto tra giustizia amministrativa e conservazione dei grandi carnivori. Intervista a Marco Olivi. I Nuovi Fogli dell’Orso 2.
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Murialdo, 12 Agosto 2024 Franco Zunino
Segretario Generale AIW
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