Riflessioni di conservazionista amante degli animali, ma non animalista

  1. Basta, non se ne può più degli allarmismi del WWF sulla sparizione delle specie animali! Ci siamo fatti vecchi e i proclami sono sempre gli stessi, ma il grave è che non è la verità. La verità è che sono spariti gli spazi selvaggi in cui le specie sopravvissute fino agli anni 60/70 del secolo scorso (da allora non è nota l’estinzione di alcuna specie veramente degna di essere tale, al massino qualche sottospecie, ed anche discutibilmente) sopravvivevano. Eppure dobbiamo ancora leggere dal solito animalista teorico ed anticaccia Mario Tozzi, gran cassa dei proclami del WWF, che “Distruzione degli habitat per avere nuovi territori agricoli e allevamenti, caccia e bracconaggio, cambiamento climatico indotto dalle nostre attività, infrastrutturazione selvaggia, allargamento della ree urbane” sono i responsabili di queste ipotetiche estinzioni. Ecco, il solito indottrinamento: “caccia e bracconaggio e cambiamenti climatici”, benché non sia stato affatto dimostrato quante e quali specie si siano estinte nell’ultimo secolo! Ma bisogna dirlo, propagarlo, darlo per certo, per poter portare la gente a crederci! Una paginata intera su La Stampa (13 ottobre 2022), di inutile allarmismo solo per portare acqua a chi sta facendo soldi con gli impianti eolici e fotovoltaici. Infatti, quelle del 13 ottobre sono state, parole su parole, tutto un panegirico sul clima ed i suoi problemi; parole che nulla hanno a che fare con l’estinzione di specie di fauna o di flora. Nessuna citazione di almeno una, diconsi UNA, specie estinta. E nessuna parola sulle popolazioni di animali in grande espansione come non mai, soprattutto da noi (cinghiali, cervi, caprioli, camosci, stambecchi, lupi, orsi, linci, rapaci di ogni specie, finanche picchi), ovvero esattamente il contrario dell’estinzione! Tutto un tentativo di smentire chi sostiene che i cambiamenti climatici non siano colpa dell’uomo, a sminuire l’effetto del sole e dei vulcani, pur dimostratisi reali. In pratica, Mario Tozzi in quella paginata ci dice bene poco sugli animali (a parte dirci il numero delle specie “monitorate”, che poi non significa assolutamente nulla|!), ma molto sui cambiamenti climatici. E tutto un sostegno a quelle iniziative che primariamente stanno mettendo a rischio gli animali: costruzioni ovunque di centrali eoliche e solari, biomasse ed idriche, che stanno spazzando via territori e ambienti naturali che sono la vera emergenza ambientale della Terra, e non già l’estinzione di specie (sono rarissime quelle veramente a rischio). E’ la natura selvaggia che sta sparendo, non le fantasiose specie che si estinguono. E, soprattutto, LA CACCIA NON C’ENTRA UN BEL NIENTE! Certo, certi allarmismi gira che ti rigira portano comunque soldi alle casse delle ONG animaliste: e chissà che non sia questo il vero obiettivo dei tanti servizi allarmistici basati non su fatti, ma su mere dichiarazione: è vero perché “noi” lo sosteniamo e vogliamo che così sia, non perché sia VERO!
  2. Sull’inserto settimanale Specchio del quotidiano La Stampa del 16 ottobre è apparsa una bellissima foto di Leopardo con in bocca una preda: un femmina di babbuino, morta, con, però, aggrappato al petto il suo piccolo, vivo. Possiamo immaginare che fine avrà fatto quando il Leopardo si sarà dedicato al suo pasto o avrà portato la preda ai suoi cuccioli. Ovvio che il commento giornalistico sia in un’ottica animalista (La Stampa è su questa linea). L’autore del pezzo che accompagna la foto la commenta infatti in quest’ottica, ma quasi infastidito dal doverlo fare. E lo si capisce, perché animalisti lo siamo tutti, compresi i tanto vituperati cacciatori. E lo siamo perché siamo animali non solo senzienti, ma anche in possesso di quel sentimento che abbiamo definito morale; cosa che non hanno tutti gli altri esseri viventi (ci sarà una ragione, ma se c’è, non la conosciamo: o la conoscono solo i credenti privi del beneficio del dubbio). In ogni modo, il giornalista (Riccardo Falcinelli) termina con questo finale: “Non riesco a parteggiare per la mamma leopardo, pur sapendo che deve mangiare. Anche per questo la foto è straziante. E forse, in qualche modo segreto, è una foto di guerra”. E sbaglia, perché solo l’uomo civile ha praticato e pratica ancora la guerra. La scena cruenta e straziante immortalata da quella foto è la stessa che potremmo ogni giorno vedere nei nostri macelli se anziché frequentare i banconi dei supermercati dove costolette di capre e di pecore e di scrofe ci vengono presentate in bella mostra e incellofanate che a tutto sembrano meno che a quella femmina di babbuino in bocca al leopardo; e il piccolo babbuino appeso al suo ventre altro non è che il capretto o l’agnellino o il maialino che dal ventre delle loro madri è stato separato prima, e per fargli poi fare la stessa fine che quel piccolo babbuino avrà poi fatto sotto le fauci del leopardo o dei suoi cuccioli. Il Leopardo ha cacciato secondo le immutabili regole della natura; l’uomo non cacciatore (ma “predatore civile”) caccia ritualmente nelle macellerie! Però di queste scene, altrettanto strazianti (qualcuno ha mai sentito i belati dei capretti portati al macello sotto le feste pasquali?), la stampa non ce le propina mai; anzi, diverrebbe uno scandalo se mai succedesse che un macellaio venisse messo in bella mostra mentre scanna un agnellino, o un “predatore civile” mentre addenta e scarnifica una coscia di pollo o una costina di agnello! Ma è esattamente la stessa cosa. Quindi, straziante non è la visione del Leopardo con le sue prede, una già morta e l’altra ancora viva, ma la strumentalizzazione che i media fanno di queste scene che appartengono semplicemente al grande cerchio della vita, e che proprio per questo vanno rispettate e non già “non parteggiare per la mamma”; perché non parteggiare per quella mamma vuole dire parteggiare per dei cuccioli destinati a morire d’inedia se quella mamma avesse una morale da spingerla a salvare il piccolo babbuino! L’unica morale umana da rispettare è quella che, abbinata alla nostra intelligenza e raziocinio, ci dovrebbe spingere ad uccidere solo gli animali strettamente utili alla nostra alimentazione, evitando eccesso di uccisioni per soddisfare i nostri delicati ed esigenti palati (si ha idea di quanti animali vengono uccisi in più del necessario proprio per questo? O per alimentare i nostri amati pet d’appartamento e giardini?); e, soprattutto uccidere nel modo meno cruente possibile. E, purtroppo per gli animalisti anticaccia, è questa una regola ed un comportamento che solo la categoria sociale dei cacciatori rispetta! Semplicemente “predatori compassionevoli”, perché uccidono nel modo meno cruento possibile: quello che non ha fatto e farà il Leopardo di quella foto. Fortunata quella lepre o quel cinghiale o quel cervo che nella libertà del suo mondo naturale ha la possibilità di farla franca allo sparo del cacciatore, e che, se viene colpito ha la fortuna di morire senza soffrire, a volte senza neppure accorgersene! Opportunità, e fatto, che non avviene nei macelli dove la morte è sempre certa, ed un tempo (ma in molti casi ancora oggi!) anche crudele e… straziante! Il grande cerchio della vita questo ci insegna; a meno di non decidere che l’uomo deve morire per evitare di uccidere o far morire altri esseri viventi, e quindi mettersi fuori dal cerchio: in questo caso negando una regola, e arrogandosi una superiorità di intelletto, stabilita dallo stesso Creatore!
  3. Forse non tuti sanno della storia del “Bambi della Val Malenco” (Sondrio), cerbiatto di Cervo trovato, raccolto e allevato in cattività e reso domestico, e poi, ormai adulto, sottratto al detentore nel rispetto della legge che vieta la detenzione di un animale selvatico, a meno che autorizzato a farlo. Gli animalisti e i media locali si sono subito ribellati, costringendo le autorità a restituirlo a chi lo aveva “salvato” e allevato. E allora a protestare sono stati i cacciatori, questa volta loro a pretendere il rispetto della legge. Ma dove sta la ragione o, meglio, la ragionevolezza? Secondo me hanno fatto bene a restituirlo in quanto l’animale era ormai addomesticato e per il detentore era scattato l’affezione, per cui la sottrazione è stata vissuta come una sofferenza ed ingiustizia (e sofferenza anche da parte dell’animale). Ma non solo, riportarlo improvvisamente in natura non era possibile proprio in quanto ormai assuefatto all’uomo. I cacciatori hanno sostenuto che essendo un maschio, quando avrebbe raggiunto l’età e la stagione degli amori, sarebbe una crudeltà tenerlo lontano dalle femmine. Vero. Ma non solo, che riportandolo alla cattività si è costituito un precedente negativo. Vero anche questo. Quindi, quale la giusta decisione? Secondo me si sarebbe dovuto: uno, infliggere la multa prescritta a chi, sia pure ingenuamente, si è appropriato del cerbiatto, affinché diventi monito; due, visto il legame affettivo creatosi tra l’animale e l’uomo, lasciare l’animale in custodia all’uomo, ma in modo tale che al sopraggiungere dell’età adulta e del periodo degli amori, l’animale possa di sua iniziativa abbandonare l’uomo e riprendere la vita selvaggia, con obbligo all’uomo di non frapporre impedimenti a che ciò avvenga. Una regola che sarebbe il caso fosse inserita in una prossima revisione della legge sulla caccia, in quanto è notorio come fatti del genere si siano sempre verificati, segno che sempre si verificheranno. Risolvere tutto semplicemente sottraendo gli animali ai loro detentori, quando questi in buona fede credono di aver fatto una cosa giusta “salvandoli”, diventa comunque un’ingiustizia. Una legge giusta deve essere anche… “compassionevole” e non solo punitiva!

Murialdo, 19 Ottobre 2022                                                 Franco Zunino

                                                                                   Segretario Generale AIW