Liguria e Abruzzo: esempi di mala conserv-informazione

  1. Dalle Liguria, ecco un ennesimo (!) esempio di cosa i politici intendono per Parco, e come ormai sono divenuti essi (i politici) i primi supporter di queste istituzioni. Si parla del nuovo Parco regionale delle Alpi marittime; chi scrive a un blog ligure-piemontese, (“Truciolo.it”) è un cittadino di Triora (Imperia); ecco, purtroppo è così, specie in Liguria che oggi si intende la conservazione della Natura: Parchi considerati sostituti delle ex Comunità Montane!

    Leggo sull’ultimo numero che nell’Ente Parco vi sono diatribe per l’assegnazione delle poltrone nel consiglio dello stesso. Non si tratta di “diatribe” ma di una giusta e sacrosanta rivendicazione del Comune di Triora. Il territorio di questo comune si estende per oltre 1/3 della superficie dell’intero parco delle Alpi Liguri e perciò non si riesce a capire come sia possibile che nel consiglio che amministra lo stesso non vi sia alcun nostro rappresentante. Infatti attualmente su quattro consiglieri due appartengono alla valle Arroscia ed uno alla val Nervia. Giustamente il sindaco del Comune di Triora ha scritto all’Ente Parco ritenendo “imprescindibile che l’Amministrazione dallo stesso rappresentata sia coinvolta e resa partecipe di tutte le attività ed in particolare di quelle relative al territorio di competenza”. L’Ente Parco è stato anche diffidato a progettare e/o realizzare interventi di qualsiasi natura che interessino il Comune di Triora senza un preventivo assenso. Inoltre viene messo in evidenza come l’attuale presidente del Parco, il geom. Alessandri di Pieve di Teco, risulti ancor oggi presidente del Comprensorio Alpino e dunque rappresentante del mondo venatorio, cioè di una categoria che non persegue gli interessi generali del Parco. In questo contesto il Comune di Triora non è in grado di assumersi l’onere e le responsabilità di intraprendere la condivisa strada per l’avvio delle attività di rilancio della frazione Monesi di Triora. Aggiungo che nel programma degli interventi stradali e sentieristici non risulta esservene alcuno sul territorio di Triora (neppure su Monesi). Se si vuole veramente sbloccare positivamente questa situazione, è necessario far cessare queste “diatribe”, permettendo a Triora di far sentire il proprio parere, soprattutto su pratiche riguardanti il suo vastissimo territorio. Un intervento prioritario è il ripristino completo della strada Triora-Passo della Guardia-Monesi, per garantire il collegamento del capoluogo con la sua importante stazione invernale e poter adempiere tempestivamente a quando si rende necessario, senza dover sopportare lunghi e faticosi tragitti. Non mi dilungo oltre, ma ci tenevo a sottolineare la realtà dei fatti e le sacrosante pretese trioresi.

  1. A proposito di Liguria e di protezione della natura, ecco l’ultima. A Calizzano, comune dell’alta Val Bormida esiste una nota foresta considerata da anni tra le più belle e importanti d’Italia, da decenni vanamente proposta quale Riserva Naturale. Un tempo apparteneva allo Stato (Foresta Demaniale della Barbottina), ma fu poi trasferita la Regione Liguria: ed è stata la sua fine! Ebbene, questa stupenda foresta (“polmone verde della Liguria“, come è spesso definita!) non è mai stata dichiarata Riserva Naturale (si noti bene, benché sia anche un SIC europeo, e benché sita in una Regione che continua ad estendere i suoi Parchi Nazionali e Regionali imponendo vincoli a privati e Comuni per territori che spesso neppure li meriterebbero). Ebbene, la faggeta di Calizzano, di soli meri 244 ettari (un’inezia per la Liguria e per la Val Bormida!) è stata di recente assegnata ad “un’associazione di imprese locali con l’obiettivo di sviluppare una filiera del legno sostenibile e rispettosa di tutte le potenzialità del bosco” e sarà gestita come “laboratorio di pratiche green“. Come usano scrivere i giornalisti, è il caso che le autorità la smettano di ciurlare nel manico e riconoscano che non si tratta di conservazione: qui si tratta di tagli boschivi e di sfruttamenti forestali e turistici per produrre business e basta! Le parole “sostenibile” e “green” servono solo a mistificare i fatti! Mentre i liguri sfruttano i nostri polmoni verdi (l’Adelasia, sempre Liguria e benché Riserva Naturale e ZSC, è lì ad insegnare!) il governo nazionale ha intanto firmato la COP 26 per impedire alle Americhe, e in specie al Brasile, alle nazioni africane e asiatiche di continuare a sfruttare i loro polmoni verdi! Bel modo di essere coerenti! In fondo anche una Riserva Naturale servirebbe a creare business turistico, se fosse che ci si accontenti di utilizzi compatibili. E si farebbe cultura e difesa della biodiversità, senza il bisogno di mascherare gli sfruttamenti forestali come iniziative green, perché non lo sono affatto. E sarebbe un investimento a lungo termine anziché a breve termine quali sono gli sfruttamenti forestali volti a gestire per produrre legname, attività che non è compito di una Riserva Naturale. Nelle valli del Fiume Bormida vi sono decine di migliaia di ettari di boschi privati e comunali adibiti allo sfruttamento forestale: che almeno questi “sputi” di Riserve quale l’Adelasia e la Barbottina, vi siano esclusi! Le Riserve Naturali non hanno bisogno che i loro boschi siano produttori di legname, ma devono preservare la biodiversità, e quella la si conserva lasciandoli “sporchi” e selvaggi, non sfruttandoli! Certo, c’è un ma. Ovvero, il fatto che i boschi privati e comunali non necessitano di autorizzazioni dall’alto per essere sfruttati (leggasi concessi!), mentre i boschi pubblici regionali ne hanno bisogno, eccome! E allora ecco che il pensiero corre alla politica. Che sia il caso di chiederci a quali partiti politici fanno riferimento le amministrazioni comunali dei Comuni coinvolti (Calizzano per la Barbottina e Cairo Montenotte per l’Adelasia)?
  2. Intanto in Abruzzo, continua la disinformazione delle autorità sulla situazione dell’Orso bruno marsicano; ed il colmo è che anche le autorità statali ci cascano nel credere alla versione buonista ed ottimista che ne danno le autorità, ed anche, purtroppo, nonostante le contraddizioni palesi, ma che nessuno vede o vuole vedere. In un comunicato diffuso dalla stampa sul bel francobollo recentemente  emesso dalle Poste Italiane (Ministero dello Sviluppo Economico) dedicato all’Orso marsicano, riportando quanto una relatrice avrebbe detto durante la presentazione del suddetto francobollo, si può leggere che la popolazione di quest’animale “oscilla tra 55 e gli 85 esemplari. Un’altra decina di tali animali si trova nel Parco Nazionale della Majella”. A parte notare come dopo aver sperperato ben 15 milioni di euro in ricerche, radiocollari, controlli satellitari e analisi del Dna, per “monitorare” la popolazione, i vari studiosi ancora evidentemente non sanno quanti orsi compongano la popolazione. Perché, dire che “il numero degli orsi bruni marsicani oscilla tra 55 esemplari e 95″ è come dire NON SAPPIAMO QUANTI ORSI  CI SONO! Ma non solo, nel comunicato c’è anche una contraddizione per non dire una smentita a quanto le autorità del Parco negli ultimi anni hanno spesso dichiarato pubblicamente, ovvero che gli orsi starebbero benissimo anche fuori Parco e che anzi il loro allontanamento sarebbe un successo, là dove si scrive che l’orso vivrebbe “unicamente in una esigua porzione dell’Italia centro-meridionale e, in particolare modo, nella Marsica, all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise”! Si legga bene: “all’interno del parco”! Ma non solo, nel comunicato si auspica addirittura, facendo riferimento alla presenza di tre femmine nel Parco della Majella, che “se tale fenomeno di colonizzazione territoriale con esemplari di femmine riproduttive si potrà estendere di qui a breve anche al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, si potrà cullare la ragionevole speranza di poter salvare dall’estinzione definitiva l’orso bruno marsicano”. Pazzesco, da una parte si sostiene che nel Parco vive la maggior parte della popolazione (cosa oggi assolutamente NON vera, per espresso riconoscimento delle autorità e degli studiosi), poi dall’altra si auspica che il Parco venga colonizzato dalle femmine fuoriuscite per altri lidi (peraltro ben più lontani che non la Majella)! E, al solito, nessuno che si chieda il perché di queste contraddizioni! A meno che… quanto sopra non si debba a dichiarazioni e/o comunicati delle autorità, bensì ai redattori degli articoli pubblicati sui media! Ma allora sarebbe il caso che le autorità intervenissero con una SMENTITA, perché chi tace acconsente, dice il proverbio! E, a 100 anni dalla nascita del primo nucleo del Parco Nazionale d’Abruzzo, non sarebbe il caso di fare di tutto affinché l’orso marsicano ritorni a vivere numeroso e in pace nel suo storico territorio di sopravvivenza?

   

Murialdo, 21 Novembre 2021

Franco Zunino
Segretario Generale AIW