ROBERT “BOB” MARSHALL

“C’è solo una speranza di respingere la tirannica ambizione della civiltà di conquistare ogni luogo della terra. Questa speranza è l’organizzazione della gente più sensibile ai valori dello spirito, affinché combatta per la libera continuità della natura selvaggia” Robert Marshall, nel suo appello per la fondazione della Wilderness Society

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La storia di Robert “Bob” Marshall, ritenuto “uno degli americani che più ha influenzato l’evoluzione della conservazione della Wilderness”, fondatore della Wilderness Society americana, la prima organizzazione al mondo totalmente dedita alla preservazione della Wilderness, ha inizio proprio là dove il “Forever Wild”, il “Concetto di Wilderness”, il selvaggio per sempre, trovò la sua prima applicazione: nell’Adirondack Forest Preserve. Fu lì che egli scoprì la sua grande passione per gli spazi aperti e fece le sue prime esperienze di vita nella natura selvaggia, soprattutto vero maniaco delle escursioni che oggi verrebbero definite alpinistiche e delle lunghe camminate. Camminare per lui fu sempre un’istintiva volontà che andava anche oltre il razionale, sfidando quasi sempre solo se stesso. Per tutta la sua breve vita egli soffrì del fatto di non essere nato cent’anni prima, all’epoca dei grandi esploratori Lewis e Clark che nel 1808 aprirono il West alla colonizzazione con un avventuroso viaggio da Mississippi alle coste dell’Oceano Pacifico. E’ forse questo il lato da noi meno conosciuto di questo personaggio storico del movimento Wilderness. Il suo fascino per il camminare e per le esplorazioni lo portò a scoprire la “sua” terra incognita nel nord dell’Alaska, dove effettuò diverse lunghe esplorazioni nella parte centrale del Brooks Range, allora praticamente inesplorato ed una semplice “macchia bianca” sulle mappe. Fu lui a ridenominare “Gate of the Arctic” (il cancello d’ingresso all’Artico) un luogo della valle del Fiume Koyukuk, oggi assieme a vasti territori circostanti inserita in un Parco Nazionale ed in un’Area Wilderness che portano proprio questo nome. Uno dei luoghi che oggi commemorano questo grande personaggio del movimento Wilderness. Di fatto, egli fu forse il primo montanaro, o alpinista, ad occuparsi della conservazione delle montagne. Robert Marshall nacque a New York il 2 gennaio del 1902, figlio di un noto avocato costituzionalista e convinto conservazionista, a sua volta figlio di emigranti tedeschi (Marschall, era il cognome originario). L’impegno conservazionista di suo padre finì ovviamente per influenzare lo spirito di Bob Marshall, essendo egli stato uno dei maggiori promotori della Adirondack Forest Preserve (oggi nell’Adirondack State Park) dello Stato di New York. Fu, infatti, suo padre Louis, ad “inventare” quello che poi passerà alla storia come il Concetto del “forewer wild” o Concetto di Wilderness; cioè impegni legislativi per una tutela la più duratura possibile di almeno alcune zone selvagge. Applicato proprio nell’Adirondack Forest Preserve per tutti i boschi e le montagne che lo Stato di New York comprò a questo scopo (oggi in gran parte designati in Aree Wilderness statali). Fu però la sua leggendaria passione per il camminare ad iniziarlo alla Wilderness. Essa lo portò a sfidare se stesso nell’impresa di voler scoprire quante cime di montagne avrebbe potuto scalare nel volgere di 24 ore e quanta altitudine accumulare, giungendo al numero di 14 cime e totalizzando 4.145 metri di dislivello; o come quella di voler scalare tutte le cime oltre i 1200 m slm dei Monti Adirondack nel volgere di un solo anno: ne scalò 42 su 46, e completò l’impresa nei quattro anni seguenti con le cime che restavano! O come quando volle vedere quanta strada avrebbe potuto fare in un solo giorno ed in qualsiasi condizione, coprendo la distanza di 48 Km (una volta riuscì addirittura a percorrere 113 Km, in una Riserva indiana dell’Arizona: poi dormì per 34 ore di seguito!). Si laureò in scienze forestali e, come molti altri ambientalisti della sua epoca, nel 1933 anche lui entrò nel Servizio Forestale Nazionale. Fu inviato a Missoula, nel Montana, dove fece le sue prime esperienze come giovane forestale ed assistente. Lì trascorse i suoi anni più gioiosi, dove poté soddisfare la sua passione di camminatore instancabile nella natura selvaggia delle foreste demaniali circostanti. Oggi quei luoghi fanno parte di una delle più vaste Aree Wilderness d’America, a lui dedicata: Bob Marshall Wilderness Area, di 408.473 ettari (ma ad essa bisogna aggiungere 213.121 ettari di altre due limitrofe Aree Wilderness). Fu poi nominato Direttore Forestale dell’ufficio per gli Affari Indiani. Erano da poco state designate le prime Aree Wilderness, quella storica di Gila voluta da Aldo Leopold e quella della Boundary Waters Canoe Area lungo il confine canadese, e Marshall propose che così fossero designate 16 aree nell’ambito delle Riserve indiane. Aree che vennero poi approvate nell’ottobre del 1937, anche se in seguito, quando Marshall era già morto da tempo, molte di queste aree vennero purtroppo abolite dai consigli tribali; ma alcune di esse esistono tutt’ora, orgoglio degli stessi nativi, come quella della Mission Mountain nel Montana, quella del Wind River Range nel Wyoming, e quella del Monte Jefferson nell’Oregon. La sua attività nel settore pubblico si espanse nel 1937 quando venne spostato a dirigere la Divisione per la Ricreazione ed i Terreni, un incarico che fu praticamente creato apposta per lui. Marshall era un uomo pratico, ed un conservazionista convinto, che si batté non tanto per la diffusione della filosofia Wilderness mediante libri e ed altri scritti (che pure lo resero famoso, con titoli quali: The People’s Forests, Arctic Village, Alaska Wilderness) quanto per ottenere la protezione delle rimanenti aree di Wilderness degli Stati Uniti. Solo un anno prima egli aveva preparato un inventario delle 46 aree rimaste wilderness che fossero più vaste di 121.000 ettari, e le propose per una loro protezione. Ne fece l’inventario, distinto in base alla loro estensione, e fu il primo a lasciarci la situazione della sua epoca, quando poteva ancora elencare aree dell’estensione di 3,5 milioni di ettari (successivamente sempre più ridottesi fino all’attuale blocco attorno alla River of No Return-Frank Church Wilderness Area di soli più 1,3 milioni di ettari). Nel 1933 Marshall stimò che negli USA (esclusa l’Alaska) esistessero solo più 9 aree di 400.000 ettari o più che possedessero caratteristiche di wilderness, cioè prive di strade ed altre strutture moderne, 18 aree di 200.000 ettari o più e 38 aree di 80.000 ettari o più. Egli propose che 8 milioni di ettari venissero preservati come Wilderness a cura del Servizio Forestale, ma anche che Aree Wilderness venissero designate con atto del Parlamento (prefigurando il futuro Wilderness Act del 1964, che proprio questo stabilisce). Giustamente, Robert Marshall venne definito “il più efficiente strumento esistente per la conservazione”! Quando, nel 1939, il Servizio Forestale prese infine in considerazione la sua idea e quella di Leopold di riconoscere come protette delle aree di Wilderness, fu proprio dall’elenco di Robert Marshall che vennero estrapolate e protette le prime Primitive Areas, Wild Areas e Wilderness Areas (oggi praticamente tutte designate Wilderness, ampliate ed inserite nel National Wilderness Preservation System). Il Servizio Forestale si era dato una regolamentazione gestionale con un programma interno approvato appositamente, e vincolò così come Primitive Areas tutte le aree più vaste di 40.000 ettari proposte da Marshall, per un totale di 5,5 milioni di ettari. Marshall era morto meno di un anno prima, a 38 anni! Ma il grande merito di Robert Marshall resta la sua decisione di far nascere un’associazione che si dedicasse espressamente alla protezione della Wilderness. Ne elaborò le finalità e contattò le varie persone autorevoli che ne avrebbero potuto fare parte, o almeno partecipare alla sua fondazione, e così, nel 1936, nacque la The Wilderness Society, un’associazione che i primi anni si resse quasi solamente su di un contributo di 2.000/3.000 dollari annui (dell’epoca!) che Marshall offriva personalmente. Eredità migliore non avrebbe potuto lasciare. Fu, infatti, grazie all’impegno di quest’Associazione e degli amici e compagni di Marshall, se di lì a quasi trent’anni il Congresso americano poté approvare il famoso Wilderness Act, dando finalmente un ufficiale riconoscimento nazionale alle Aree Wilderness, con una legge che prevede un impegno di vincolo tra i più sicuri e severi del mondo (mai eguagliata da altri Stati). Suo grande amore fu l’Alaska. Robert Marshall fu la prima persona ad avere esplorato la parte centrale del Brook Range, la catena più settentrionale del continente americano. Con i suoi viaggi esplorativi egli guarì così la sua depressione all’idea di essere nato cento anni troppo tardi per unirsi a Lewis e Clark. Con questo spirito, durante le sue esplorazioni egli cartografò 31.000 chilometri quadrati di zone assolutamente bianche, cioè ancora inesplorate. Suo fratello George ebbe a dire di Bob, che “probabilmente fu l’ultimo esploratore e cartografo di una grande regione percorsa a piedi od in barca senza alcun contatto col mondo esterno e facendo rilevamenti senza alcuna strumentalizzazione”. In effetti, sono state almeno 160 le aree o località che egli denominò personalmente. Era da poco tornato da uno dei suoi quattro viaggi in Alaska quando Robert “Bob” Marshall improvvisamente morì, l’11 novembre del 1939, per un attacco di cuore, mentre in pulman stava andando da Washington a New York. Un suo appello per la protezione dell’Alaska è ancora oggi più che mai attuale, viste le note continue pressioni per sempre nuove prospezioni petrolifere: “Nel nome di un equilibrato uso delle risorse naturali d’America, facciamo rimanere wilderness gran parte del nord Alaska”, un auspicio in parte concretizzatosi solo nel 1980. Aveva 28 anni quando pubblicò il suo saggio più noto, dal titolo “Il problema della Wilderness”, che Benton Mc Kay il padre dell’Appalachian Trail definì poi “la Magna Charta del movimento per la protezione della wilderness”. L’articolo affrontava quattro temi salienti: “1) la sparizione della Wilderness americana e la necessità di decidere sul futuro delle ultime aree di wilderness in modo deliberato e razionale; 2) i benefici della Wilderness – fisici, mentali ed estetici; 3) la rapidità con cui la wilderness sparisce; 4) la necessità di conservarla”. Egli usava il termine wilderness per descrivere “una regione priva di abitazioni permanenti, senza possibilità di accesso di mezzi meccanici e sufficientemente vasta da permettere ad un persona che la voglia attraversare di dover trascorrere una notte all’addiaccio”. Sigurd Olson definì Marshall “uno dei migliori scorridori della wilderness del continente, con nel sangue l’amore per i grandi spazi aperti; uno dei più grandi campioni che la causa della wilderness abbia perso, un uomo il cui amore per le zone selvagge era profondo e sincero, un uomo che ha avuto il coraggio di battersi per le cose in cui credeva”.

di FRANCO ZUNINO