IL GRAND CANYON, LE ALLUVIONI E I PELLEROSSA

UNA STORIA EMBLEMATICA IN BIANCO E NERO

Quest’anno anche alcune notizie di stampa italiana hanno riguardato il Gran Canyon del Colorado. Una ci parlava di una inondazione artificiale alla quale da qualche tempo viene assoggettato il fiume Colorado a valle della grande diga del Glen Canyon, nel tratto in cui scorre nel famoso Parco Nazionale. La prima volta ciò avvenne nel 1996, ma i risultati non furono sufficienti, quindi si riprovò nel 2004 e poi ancora nel 2005, quando per 90 ore la diga è stata aperta lasciando defluire a valle 1200 metri cubi d’acqua al secondo e centinaia di migliaia di metri cubi di sabbia e limo. Lo scopo di queste “aperture” è permettere il riformarsi di spiagge e banchi di sabbia che sono uno degli habitat più ricchi di specie floro-faunistiche del Canyon. Come nel notorio caso del fiume Nilo, anche il Colorado subiva inondazioni periodiche, inondazioni che la costruzione delle dighe Hoover e Glen Canyon hanno eliminato, con gravi danni all’habitat fluviale ed addirittura l’estinzione di diverse specie di pesci e la riduzione di altre, sia di fauna che di flora. Oggi la pratica avviata di queste inondazioni periodiche può paragonarsi agli incendi programmati che caratterizzano molte aree protette degli Stati Uniti, per mantenere in modo artificiale equilibri biologici che l’azione dell’uomo ha sconvolto.
Nel 2005, un’altra notizia è apparsa sui nostri quotidiani, riguardante sempre il Gran Canyon, sensazionale come lo stesso canyon: è in costruzione una piattaforma in vetro ed acciaio, capace di reggere 120 persone alla volta, sospesa sul canyon a 1200 metri d’altezza dal fondo della gola. Una notizia poi ripresa nel gennaio di quest’anno, quando la si è inaugurata. Qualcosa di faraonico, che finirà per convogliare milioni di turisti all’anno e che ben presto si ripagherà la spesa di 40 milioni di dollari sostenuta per la sua realizzazione. Qualcosa che farà presto concorrenza al villaggio turistico ubicato sul South Rim del Canyon, e fino ad oggi unico punto dal quale poter dominare dall’alto il canyon ed il fiume Colorado. Quello che non hanno chiarito i nostri giornali è stato però il fatto che una tale opera, ancorché volta a far apprezzare lo spettacolare scenario naturale del Grand Canyon, non è in contrasto con alcun vincolo ambientale, in quanto la “location” dell’opera non è situata nei limiti del Parco Nazionale o di altra zona protetta.
A volere la realizzazione dello “skywalk” sul canyon sono infatti stati gli indiani Hualapai, e l’opera è ubicata all’interno della loro Riserva, che non fa parte del Parco Nazionale pur estendendosi fino alle rive del fiume Colorado e per una lunghezza di circa 120 chilometri lungo il “Rim” o bordo del canyon. Questa zona fino a non troppi anni fa faceva parte del Parco Nazionale, ma a seguito di una forte opposizione degli Hualapai, venne approvata una legge federale che la scorporava dalla zona protetta. Evidentemente, anche questa gente nativa del Canyon e che il Canyon vuole comunque preservare, ha pensato bene di fare qualcosa per convogliare il turismo dalle loro parti e non solamente nella parte del Grand Canyon dei “visi pallidi”. Ed ecco che alla realizzazione prima di un villaggio turistico dal quale si potesse visitare il Canyon a piedi, a cavallo ed in barca, ma anche in elicottero, hanno pensato bene di aggiungere l’opera ardimentosa dello “skywalk”. Un’opera che purtroppo contrasta con lo spirito di cui dicono di voler preservare le loro antiche tradizioni, ma che certamente impinguerà le casse della tribù (d’altronde, è sempre di quest’anno la notizia che indiani Arapaho e Cheyenne sarebbero disposti a rinunciare a rivendicare tre milioni di ettari delle loro terre pur di costruire una delle più grandi case da gioco del mondo poco fuori Denver, nel Colorado!). Unica consolazione per gli ambientalisti è che quest’opera, così come già quelle del South e del North Rim Villages realizzati e gestiti dal Servizio dei Parchi Nazionali, coprono solamente una minimissima parte del grande Canyon del Fiume Colorado; con l’augurio che il tanto ritardato processo per la sua classificazione in Area Wilderness possa presto concludersi, cosa che metterebbe fine ad altre iniziative del genere, e disciplinerebbe drasticamente sia i sorvoli aerei sul Canyon, sia le oggi affollate discese in barca e kajak del fiume.