Si può morire ovunque, ma la morte diventa notizia giornalistica soprattutto se si muore in montagna. Le ragioni di ciò non sono chiare, se non nel fatto che ogni morte al fuori della normalità (malattia, incidenti stradali, guerre) diventa una notizia. Nulla di strano; i giornalisti fanno il loro mestiere e devono vendere il prodotto dando al cliente quello che il cliente richiede, e più le notizie sono strane od insolite più si “vendono”. Ecco la ragione per cui se uno muore in montagne si merita la prima pagina, mentre se dieci muoiono in autostrada, questi morti non meritano neppure un rigo. Purtroppo così facendo si demonizza sempre più la montagna, e si spingono i cittadini/lettori a far pressioni sulle autorità affinché provvedano a far sì che queste morti non succedano più. Mentre è del tutto normale che avvengano, visto che andare in montagna, specie se si intende la montagna come meta da conquistare con spericolate scalate, inevitabilmente significa rischio di incidenti e di morte. Il problema è che l’opinione pubblica poi non accetta queste morti, mentre accetta quelle sulle autostrade, e quindi spinge sempre più le autorità verso iniziative di addomesticamento e “messa in sicurezza” di luoghi selvaggi, magari aprendovi strade, attrezzando sentieri e costruendo rifugi ovunque. Prima dell’epoca dei cellulari il CAI propugnò addirittura la diffusione di colonnine SOS da distribuirsi su tutte le montagne (e alcune furono anche installate)!
Un esempio: nell’agosto dello scorso anno ci furono diversi incidenti in montagna (d’altronde come ogni anno), ebbene, molti quotidiani dedicarono pagine intere a questi incidenti, mentre nelle stesse pagina venivano magari sminuite con semplici trafiletti le ben più tragiche morti sulle strade. Esempio: tre quarti di pagina a due incidenti montani contro un quarto di pagina per ben cinque vittime stradali per un inversione sbagliata!
Intanto negli USA hanno invece sancito il “diritto al rischio”. Perché andare in montagna significa affrontare un rischio, e chi ama la montagna ama anche il rischio: se gli si toglie il rischio, gli si toglie il cinquanta per cento del piacere e dello spirito d’avventura che spinge tanti alle montagne. In quel paese c’è addirittura chi ha proposto che tale diritto non solo sia garantito, ma anche che sia proibito ogni intervento pubblico per recuperare turisti in difficoltà da parte degli organismi che gestiscono le aree protette.
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