Un compromesso che fa paura

     

Si può portare avanti la difesa del paesaggio con posizioni incoerenti agli occhi di chi ci governa? E, si può restare sfacciatamente incoerenti portando avanti questo impegno (perché, tutti zitti zitti, utilizziamo senza vergognarsene l’energia elettrica da nucleare che l’Italia acquista dall’estero)? Sono domande che in tanti, troppi, non si fanno, ma che sarebbe bene si facessero, se non altro per coerenza!

LA PAROLA AGLI ALTRI. Ecco, di seguito, tra altre cose, quanto in merito si è potuto leggere in tre articoli apparsi su La Stampa dell’11 settembre scorso.

Paolo Barboni (Il buco dell’energia): «[…] l’Italia in questo campo è sempre fortemente dipendente dall’estero, innanzi tutto per le forniture di gas; ma anche sul fronte della produzione e del consumo di elettricità visto che una quota significativa viene coperta grazie alla produzione delle centrali nucleari francesi e con le importazioni da Svizzera e Austria. In media negli ultimi anni abbiamo importato tra il 13 e il 15% dell’elettricità che consumiamo […]. […] E poi bisognerebbe puntare ad un prezzo unico dell’energia, per evitare che i vari paesi europei si facciano concorrenza tra loro, e quindi investire sul nucleare di nuova generazione […]».

Luca Fornovo e Stefano Buono (“Nucleare, il governo ascolti Draghi. Centrali sicure e i prezzi scenderanno”): «“Il piano di Mario Draghi ha dato importanza al nucleare di nuova generazione, considerandolo come una tecnologia che può aumentare la competitività in Europa”». «…l’Italia è rimasta indietro ma può recuperare “Il governo sta lavorando bene ed entro fine anno dovrà annunciare la strategia sul nucleare e la riforma dell’Isin, l’ente regolatorio che può dare l’avvio alle procedure per costruire centrali nucleari”.» “Un anno e mezzo fa abbiamo avviato l’iter autorizzativo per costruire in Francia un reattore da 30 megawatt elettrici e un altro da 200 megawatt. Il primo entrerà in funzione nel 2031”. «In Francia c’è interesse per il nucleare e la tecnologia di Newcleo ma in Italia a che punto siamo? “Abbiamo intenzione di avviare una procedura per costruire reattori in Italia, ma aspettiamo che il governo annunci entro fine anno la strategia nazionale sul nucleare e che vari la riforma dell’ente regolatorio Isin, dotandolo delle funzioni per avviare le procedure e assegnandogli più personale”.» «Avete partner italiani con cui lavorate già? “Sì, ci sono molti operatori coinvolti nell’industria nucleare. In particolare abbiamo tre alleanze strategiche sulle applicazioni di nostri reattori:…”.» «Che tipi di centrali si potrebbero realizzare in Italia? “Penso a piccoli reattori modulari Amr al piombo, la quarta generazione, con potenze da 200 megawatt elettrici che per esempio potrebbero dare energia a una piccola città o a un grande data-center, a un’industria ceramica o a un produttore di acciaio”.» «È possibile creare strutture che uniscano più reattori come avviene all’estero? “Sì, perché sono impianti abbastanza piccoli, di sei metri di diametro e sei metri di altezza. Si possono creare complessi che uniscono anche quattro reattori assieme. Una centrale da 800 megawatt può dare energia a una città come Roma e potrebbe avere costi contenuti, circa 3,2 miliardi”.» «Quali sono i principali ostacoli al nucleare nel nostro Paese? “La resistenza maggiore è la paura dei cittadini che in parte deriva da una narrativa del passato difficile da modificare”.» «Beh, dall’incidente di Fukushima sono passati tredici anni, il ricordo è ancora vivo nella mente delle persone. “Sì, ma va detto che i nuovi reattori non permettono più incidenti come Chernobyl e Fukushima e che il nucleare è il sistema più sicuro di produzione di energia elettrica. I giovani, che si informano molto sui temi ambientali, sanno queste cose e perciò sono più favorevoli al nucleare rispetto alle generazioni più mature”.» «Ai giovani il nucleare piace perché può ridurre le emissioni di Co2. Ma quali altri benefici ci sono rispetto agli altri tipi di energia? “Il nucleare è una forma di energia decarbonizzata che ha il vantaggio di essere a basso costo, 55 euro a megawattora. In questo modo l’Europa sarà più competitiva rispetto a Cina e USA, dove i prezzi del gas sono fino a 5 volte più bassi”.» «Qual è l’approccio degli altri Paesi europei? Dopo Fukushima, non solo l’Italia ma anche altri Stati hanno frenato. “Vero, ma ci sono dei cambiamenti in corso. Belgio, Svezia, Olanda e Svizzera che avevano rinunciato ora stanno tornando al nucleare. Poi ci sono Norvegia e Polonia, che non o hanno mai avuto e invece ora stanno lanciando nuovi impianti. L’opposizione al nucleare rimane dove la classe politica è stagnante: in Spagna e in Germania, dove però gli industriali stanno conducendo una campagna per riaverlo”» «Il deficit di energia dell’Italia è oltre i 55 miliardi e importiamo dall’estero il 13-15% di energia nucleare soprattutto da Francia, Svizzera e Slovenia. Cosa si può fare per colmare questo divario? “Con il ritorno al nucleare il gap delle importazioni si può ridurre, ma dipenderà anche da quanto gas continuiamo a produrre e in quanto tempo verranno sostituite le centrali a gas da quelle nucleari. È un bilancio difficile da fare e dipende da tanti fattori, uno tra questi sono le rinnovabili. È un’energia pulita i cui investimenti però sono costosi”.» «Secondo il piano nazionale integrato energia e clima, varato dal Ministro dell’Ambiente, Gilberto Picchetto Fratin entro il 2050 dovremmo coprire tra l’11 e il22% dei consumi col nucleare. Sono obiettivi credibili? “Sì, sono abbastanza ragionevoli: diciamo che l’11 è un traguardo modesto, mentre il 22% è più ambizioso. Ma è la stessa crescita che si prefiggono Francia e Regno Unito. Forse ci metteremo qualche anno in più ma con l’accordo della politica e dei cittadini è una meta alla nostra portata”.»

Davide Tabarelli (Perché la nostra energia è la più cara): «[…] i costi delle rinnovabili non sono confrontabili con quelli delle fonti tradizionali, perché l’elettricità da centrali a gas, a carbone, nucleari è disponibile e programmabile sempre in grandissime quantità, tutte le 8760 ore che sommate fanno un anno e non solo le 1500 ore del solare, o le 2500 ore dell’eolico. Pensare che si possa risolvere il problema degli alti prezzi solo con più rinnovabili è sbagliato […] Le cose sono molto più semplici, quasi banali. I prezzi degli Stati Uniti dell’elettricità sono scandalosamente bassi perché usano volumi enormi di gas a prezzi stracciati per una produzione interna che è esplosa grazie alla tecnologia del fracking […] I prezzi dell’elettricità della Cina sono bassi perché usano il carbone interno che ha costi irrisori, mentre noi in Italia stiamo chiudendo le poche centrali a carbone che avevamo costruito con tanta fatica in passato. Una mezza follia per un Italia che non cresce e che, come testimoniamo le tabelle di Draghi, ha i prezzi dell’elettricità più alti in Europa, e, pertanto, al mondo.»

Magari non è che tutto debba ritenersi la santissima verità, ma se un quotidiano schierato a sinistra (e contro il nucleare da anni, specie all’epoca del famoso referendum del 1987) quale è La Stampa riporta queste cose dandogli lo spazio di ben tre articoli firmati da tre diverse personaggi, beh, almeno la cosa dovrebbe far riflettere. Specie chi si batte per la salvaguardia dei nostri paesaggi ma che mai pone alla politica l’alternativa risolutiva del nucleare, ma solo palliativi che se servono per soddisfare l’energia casalinga, lasciano a terra… gli alti forno industriali!   

Murialdo, 16 Settembre 2024

Franco Zunino
Segretario Generale AIW

16 settembre 2024

Difesa del Paesaggio e NUCLEARE

Un compromesso che fa paura       Si può portare avanti la difesa del paesaggio con posizioni incoerenti agli occhi di chi ci governa? E, si può restare sfacciatamente incoerenti portando avanti questo impegno (perché, tutti zitti zitti, utilizziamo senza vergognarsene l’energia elettrica da nucleare che l’Italia acquista dall’estero)? Sono domande che in tanti, troppi, non si fanno, ma che sarebbe bene si facessero, se non altro per coerenza! LA PAROLA AGLI ALTRI. Ecco, di seguito, tra altre cose, quanto in merito si è potuto leggere in tre articoli apparsi su La Stampa dell’11 settembre scorso. Paolo Barboni (Il buco […]