1. Era stato annunciato quando il Parco Nazionale d’Abruzzo (o col suo consenso e collaborazione), nel luglio scorso con la fretta di cavalcare un fatto che tanta notorietà gli aveva portato, sebbene fosse solo positivo per gli spiriti animalisti e disneyani – ma invece ben negativo per chi i fatti li conosce per esperienza sul terreno –, si era affrettato ricostruire in un filmato la storia di Juan Carrito, il giovane orso che ha poi fatto la fine che tutti sanno. Quel film lo avevano intitolato “L’ultimo orso marsicano”, e con ciò tirandogliela, visto che non è poi vissuto molto! Franco Zunino aveva allora annunciato che anche lui ne avrebbe scritto la storia, ma solo dopo che ci sarebbe stato un finale. Purtroppo il finale c’è poi stato, anche prima del previsto! E allora, cogliendo l’occasione di averne composto una ballata, Franco Zunino col supporto dell’AIW quella storia l’ha infine scritta. Sarà abbinata al prossimo numero del periodico Wilderness/documenti n. 2/2023 quale Supplemento dello stesso. La riceveranno tutti i Soci AIW “sostanziali” Sostenitori, Ordinari e Giovanili, nonché le associazioni ambientaliste nazionali, personalità del mondo ambientalista e principali enti di conservazione della natura; inoltre in Abruzzo sarà inviato ad associazioni locali minori e a persone di cui l’AIW conosce l’interesse verso la salvaguardia dell’Orso marsicano. Chi non lo riceverà e lo desidera potrà poi ordinarlo inviando all’AIW una quota di donazione di non meno di 10 Euro.
  2. Pare che in Abruzzo le femmine di orso marsicano che portano il radiocollare abbiano smesso di riprodursi. Forse è una mera coincidenza, o forse le ragioni sono altre, e il fatto è stato constatato per la semplice ragione che quasi tutte le rimanenti femmine di orso che formano quella sempre più esigua popolazione portano un radiocollare. Perché in tal caso le ragioni potrebbero essere altre. Come ad esempio: la loro dispersione che ha reso più difficile gli incontri e gli accoppiamenti con i maschi; la scarsità di cibo che, è notorio, in molte specie animali è stimolo ad aumentare o ridurre la riproduzione; o anche il declino biologico e la consanguineità che finisce per incidere sulla sanità fisica degli esemplari. In ogni modo, se il fatto è vero, come sembra, aspettiamo che gli studiosi ci rivelino l’arcano. Sperando che non finiscano per venirci a dire che si tratta proprio di un fattore di declino biologico e che serve un rinsanguamento… magari (Dio non voglia!) con i “cugini” sud balcanici di Albania, Montenegro e Grecia! Cosa che farebbe la loro gioia, visto che se ne dovrebbero occupare poi per anni ed anni, come il fu orso del Trentino (oggi sloveno) ha insegnato!
  3. Quante chiacchiere e polemiche sull’orsa slovena che in Trentino ha ucciso il povero Andrea Papi! Ora addirittura c’è chi sostiene che non sia stata l’orsa JJ4 ad ucciderlo, ma un altro maschio. E lo dicono per cercare di salvare l’orsa: come se cambiasse qualcosa, visto che sempre di uccidere un orso pericoloso per l’uomo si tratta! O quelle sul fatto se l’orso M62 trovato morto lo abbia ucciso un orso maschio adulto o un bracconiere: quale che sia la “mano” che ha colpito, sempre di un orso pericoloso eliminato si tratta! Speriamo che le autorità e la magistratura non si facciano ingannare da queste chiacchiere e si possa presto tornare al nocciolo del problema, che si divide in tre questioni semplici semplici: 1. Gli orsi del Trentino sono sloveni e non rappresentano più la popolazione autoctona originaria, ma purtroppo oggi ci sono ed è giusto che ci restino essendo comunque della specie sud-europea. 2. Sono cresciuti troppo e, come avrebbe dovuto prevedersi, pur allontanandosene alcuni, doveva essere ovvio che la maggioranza sarebbe comunque rimasta in Trentino. 3. Che l’unico modo per ridurre la loro presenza non è trasferirne alcuni altrove (perché si sposterebbe semplicemente il problema, ed anzi altrove lo si creerebbe prima del tempo!), ma ridurne il numero con abbattimenti programmati. 4. Soprattutto va stabilita la regola che alla prima aggressione contro l’uomo, l’esemplare che la commette va abbattuto (come avviene in USA e Canada, paesi dove di orsi c’è chi se ne intende veramente!). 5. Così come va stabilito che ogni periodo di anni si provveda ad una riduzione percentuale della popolazione, da stabilirsi in base alla natalità. 6. Se si creano nuclei spontanei altrove, deve valere per loro la stessa regola. Ovviamente, stesso discorso dovrebbe valere per il lupo, al quale si dovrebbe aggiungere l’obbligo di abbattimento non solo degli esemplari che si rendano pericolosi per l’uomo o quelli che si adattino eccessivamente alla predazione di animali domestici, ma anche per quelli ritenuti altamente probabili ibridi. Sono regole semplici e di buon senso, che peraltro vigono in tutti i paesi del mondo dove la gente convive con animali predatori o pericolosi di grossa mole (dove in genere non ci si perde in troppe chiacchiere e si fanno i fatti!).
  4. Ma in queste infinite storie di orsi, con scambio di notizie, falsità, narrazioni più o meno fantasiose, interpretazioni, comparazioni inverosimili, c’è qualcuno che si sia accorto della palese contraddizione degli “esperti” che, in quanto animalisti prima che biologici e conservazionisti (della natura), si fanno condizionare più dalle loro ideologie (in qualche caso anche politiche!) che da una sana ragionevolezza ed un sano senso pratico – che spesso valgono più di tanti studi? Eccola: in Abruzzo si è sempre sostenuto, per cercare di spiegare le ragioni del fatto che di orsi marsicani nel territorio dello storico Parco Nazionale non ve ne siano quasi più – e per contrastare la narrazione pratica di chi scrive –, che non di “emigrazione dispersiva” dell’orso marsicano si deve parlare, ma di espansione della popolazione; cosa che fa a pugni, appunto, con la logica e il senso pratico e con le regole del comportamento animale, per cui per espandersi una popolazione ha bisogno di grandi numeri di presenze nella core area della sua vita; cosa che non è nel caso del Parco d’Abruzzo. Al contrario, in Trentino gli “studiosi” hanno detto con meraviglia (il che la dice lunga sulla loro esperienza col mondo naturale!) che loro erano convinti che la popolazione degli orsi sloveni liberati e riprodottisi, man mano che crescevano di numero si sarebbero allontanati a ripopolare altre zone delle Alpi: accorgendosi invece che gli spostamenti non si verificavano affatto come dicevano i manuali! Per cui nel nucleo centrale (core area del ripopolamento) la sovrabbondanza di orsi stava creando problemi. Una cosa che avrebbero ben dovuto prevedere, perché è proprio così che avviene; come infatti non si è verificato in Abruzzo (a prova del fatto che in questo caso, proprio di “emigrazione dispersiva” si deve parlare, e non già di crescita ed espansione della popolazione)! Ecco, due situazioni identiche, ma con diverse spiegazioni: e li chiamo “esperti”! In pratica, esperti che danno spiegazioni di comodo. Prova che quando si parla di animali selvatici, sono in tanti a non raccontarcela giusta!
  5. Come la recente notizia di un avvistamento di orso marsicano nei pressi dell’Autostrada Roma-L’Aquila, che ha spinto gli orsofili a ribadire la loro richiesta di una barriera anti-orso (del cui costo però nessuno parla!); ovviamente necessaria, così come eventuali sottopassi o cavalcavia, ma che se si fosse impedito alla popolazione di disperdersi, se non altro di tale esigenza si sarebbe potuto parlare solo quando la popolazione avesse raggiunto e superato i numeri del Trentino, mentre invece oggi diventa necessaria per i pochi individui sbandati, che se si facesse di tutto per farli ritornare al loro antico areale, almeno per un bel po’ di anni non ci sarebbe bisogno di alcuna barriera, così come non vi fu bisogno dall’epoca della costruzione delle autostrade. Ma si sa, agli orsofili, interessa che gli orsi vadano ad occupare altre montagne, a costo di farli disperdere fino alla loro definitiva estinzione; come la succitata bassa natalità delle femmine sembra già stare a dimostrare!
  6. L’ex Presidente del Parco Regionale dell’Orsiera-Rocciavrè e poi delle Alpi Cozie, Mauro Deidier, avrebbe fatto i conti “in tasca” ai ricercatori del lupo nelle Alpi andando a vedere quanti contributi gli studiosi hanno ricevuto e poi speso per i loro ormai infiniti Progetti Life racchiusi nel mega Wolfalps. “Le cifre investite in questo progetto fanno semplicemente rabbrividire. Considerando le due edizioni del progetto e i due ancora precedenti, il totale delle spese negli ultimi anni per la salvaguardia del lupo è attorno ai 26 milioni solo sull’arco alpino, a cui vanno aggiunti gli oltre 30 investiti sugli Appennini.” Didier si dilunga poi nei dettagli, dai quali si scopre che solo per i manager (non fa i nomi forse per carità di patria!) si è arrivati ad incarichi del costo di “232mila euro, 165mila euro, 117mila euro, 143mila euro”! E poi c’è ancora chi si meraviglia del perché si sia fatta tanta opposizione a chi da oltre vent’anni ha scritto per screditare queste inutili ricerche sul lupo, senza che mai si sia indagato seriamente e a fondo sulle ragioni tante volte enunciate del perché tanti lupi alpini abbiamo almeno delle provenienze molto discutibili; così come discutibili furono la formazione dei focolai che diedero vita all’espansione del lupo in tutte le Alpi in antitesi al grande “vuoto” tra Genova, Savona e Cuneo degli anni ‘90!
  7. Intanto in Abruzzo ha destato scalpore il ritrovamento di carcasse di lupi ed avvoltoi morti per avvelenamento. Si sono ovviamente mosse tutte le autorità. Speriamo che tra tanti, ci sia qualcuno che si ponga la domanda che dovrebbe sorgere spontanea: come mai di nuovo tanto odio contro gli animali predatori? Perché è nella risposta a questa domanda la soluzione del problema… Infatti, la storia insegna che fu l’odio verso i predatori a spingere i nostri antenati a sterminare del tutto, o quasi, orsi, lupi, linci e avvoltoi. Ma non solo, la storia ci insegna anche che l’odio cessò o diminuì molto, solo dopo che la loro riduzione aveva fatto sì che ridottisi fossero anche i casi di aggressioni alle greggi e anche all’uomo, ed i danni all’agricoltura; e quando per ridurre anche le lamentele si iniziò, giustamente, cosa che non si faceva in passato, ad indennizzare la gente rurale che subiva danni da questi animali; cosa che si poteva fare proprio perché la loro presenza si era ridotta di numero e la società civile poteva, altrettanto giustamente, sopportarne l’onere. Ragion per cui, solo la bassa presenza di animali predatori impedisce l’aumento dei danni, conseguentemente l’aumento dell’odio verso di loro. E solo la bassa presenza di animali predatori consente alla società civile di sostenere equamente (come MAI si è fatto in passato!) il rimborso dei loro danni. Conclusione, solo il mantenimento sotto controllo numerico degli animali predatori consentirà alla società civile di convivere e preservare le loro specie! Quella convivenza e difficoltà di preservazione che proprio l’aver favorito lo spropositato aumento di animali predatori in aree geografiche iper-coltivate e urbanizzate e ormai prive di grandi spazi selvaggi, sta nuovamente scatenato quell’odio antico che sta mettendo a rischio di estinzione i grandi predatori. Ed è opponendosi ai programmi di una loro riduzione numerica che si fomenta l’odio. Qualcuno si faccia un esame di coscienza!
  8. Intanto, ancora una segnalazione di un tentativo sventato di predazione di lupo su bambini. Un primo caso sarebbe avvenuto in Basilicata, quando, dopo che un lupo aveva predato un cagnolino appartenente ad una famigliola che festeggiava Pasquetta all’aperto, un secondo lupo si sarebbe acquattato nei pressi del bambino di pochi anni che si aggirava col cagnolino nei dintorni, e solo il suo pianto alla vista del primo lupo che fuggiva col cagnolino in bocca, ha attirato l’attenzione dei genitori che subito intervenuti avrebbero sottratto all’altro lupo il bimbo, facendo fuggire l’animale, che verosimilmente stava guatando il bimbo per un’aggressione predatoria. Ieri, invece, a Vasto (Abruzzo), lungo la spiaggia dove già in passato c’erano state segnalazioni di lupi (o presumibili tali nonostante i tentativi di smentita dei soliti lupofili) che si aggiravano sulla spiaggia ed avevano anche tentato aggressioni a persone adulte, un padre è giunto appena in tempo per salvare la figlia, strappandolo quasi letteralmente dalla bocca dell’animale che l’aveva predata e stava cercando di portarsela via! Fatti veri, accertati e documentati anche per segnalazioni formali ai Carabinieri e pubblicazioni di notizie di stampa in cronaca locale. Fatti che ricordano un lontano passato che per anni si è cercato di far passare per favole ed esagerazioni, specie negli anni della tanto acclamata campagna degli anni ’70 per la tutela del lupo resa nota come “Operazione San Francesco”. Fatti che erano invece probabilmente se non tutti, quasi tutti veri! E che oggi si stanno ripetendo, essendosi ricreata la situazione di un tempo di una eccessiva presenza di lupi, per la cui riduzione di numero nessuno vuole parlare o proporre provvedimenti alle competenti autorità; anch’esse timorose di una cattiva pubblicità… elettorale! E così, come è d’uso in Italia, si sta aspettando che i buoi fuggano dalla stalla, prima di chiuderla! E’ con questi fatti che sta riformando la paura del lupo, e per assurdo sono proprio i lupofili a fomentarla, volendo negare ad ogni costo la realtà, solo perché contraria ai loro principi! E’ proprio il caso che una cancell culture prenda piede, e si riconosca infine quello che per decenni si è voluto negare e si è insegnato a negare!

Murialdo, 10 Maggio 2023                                                  Franco Zunino

                                                                                   Segretario Generale AIW

10 maggio 2023

Orsi e lupi: fatti, contraddizioni e ragionevolezza (spesso mancante)!

Era stato annunciato quando il Parco Nazionale d’Abruzzo (o col suo consenso e collaborazione), nel luglio scorso con la fretta di cavalcare un fatto che tanta notorietà gli aveva portato, sebbene fosse solo positivo per gli spiriti animalisti e disneyani – ma invece ben negativo per chi i fatti li conosce per esperienza sul terreno –, si era affrettato ricostruire in un filmato la storia di Juan Carrito, il giovane orso che ha poi fatto la fine che tutti sanno. Quel film lo avevano intitolato “L’ultimo orso marsicano”, e con ciò tirandogliela, visto che non è poi vissuto molto! Franco […]