Cinquant’anni or sono fui chiamato a studiare la biologia ed etologia dell’Orso bruno marsicano. Mai nessuno lo aveva fatto prima. Erano altri tempi! Ero un naturalista autodidatta e solo un esperto di vita all’aria aperta o, meglio, di vita a stretto contatto col mondo naturale in cui era nato, ero cresciuto e mi ero formato: imparati tutto dell’orso, senza nessuno che mi aiutasse, né dal punto di vista scientifico – non si sapeva nulla di quest’animale e del suo mondo, se non il suo nome e poche conoscenze empiriche – né da quello pratico e rurale (fui anzi boicottato da parte da chi, per invidia e rivalità – i vecchi guardiaparco – si tenevano ben stretto e riservato quel poco che conoscevano della vita dell’animale). Dovetti scoprire tutto da solo della sua vita e del suo mondo; e ciò che scoprii, ancorché se giustamente poi messo anche comparativamente in discussione (almeno per alcune cose che la scienza moderna consente di raccogliere senza scarpinare per aspre vallate e monti), la maggior parte fu semplicemente e inevitabilmente confermata da quelli che poi presero il mio posto con tanto di laurea e, magari, prestigiosi dottorati all’estero! Ma quel mio studio privo di ogni base precedente e condotto TUTTO “sul campo” fu, e resta, una pietra angolare per chiunque anche in futuro vorrà ancora approfondire i comportamenti, la vita e le esigenze di quest’animale.
Tutto questo nonostante il continuo contrasto e vero e proprio boicottaggio da parte delle autorità che negli anni si sono succedute nella gestione del Parco Nazionale d’Abruzzo. Tentativi di messa in oblio di ogni mia proposta e finanche del personaggio, con: sbianchettamento del mio nome da filmati, testi e fotografie; ignoranza assoluta e non citazione di tutti i mie studi e pubblicazioni successive (compreso il boicottaggio editoriale!) in quanto ritenute fuori dal controllo delle autorità e quindi, per principio, prive del crisma di ufficialità. E, ancora più grave, privo, l’autore, di alcuna etichetta universitaria! E poi, studi e ricerche successive appositamente ordinati e pre-stabiliti al solo fine di smentire le mie fastidiose originarie tesi (in quanto non collimanti con la volontà politica gestionale dei dirigenti gestori del Parco e dell’orso)! In pratica, come se quella pietra angolare non fosse mai esistita! E questo per la semplice ragione che il mio fine – sia quello dell’incarico ufficiale per la ricerca originaria, sia il mio personale! – non fu mai strettamente mirato allo studio della bio-etologia dell’orso per trarne delle pubblicazioni (quale la ricerca finì per essere!), ma PRIMARIAMENTE per dare messaggi e indicazioni alle stesse autorità – e al WWF committente! – sul cosa fare per proteggere e conservare questo straordinario animale, che io stimai – con gli unici mezzi che all’epoca tutti i professionisti inevitabilmente erano costretti ad utilizzare: conteggi su basi dirette e indirette – essere formato da non meno di circa 100 e più individui, tutti viventi nell’area del Parco Nazionale e ristrette montagne circostanti.
Un oblio scientifico che ha del vergognoso e che non è mai terminato; mai terminato perché non ho mai smesso di difendere le mie convinzioni basate su un’annosa esperienza di vita a stretto contatto con l’animale! Feci quei mie studi in quanto chiamato a farli da istituzioni prestigiose, come prestigiosa fu la rivista internazionale che poi li pubblico (Biological Conservation): WWF-Italia col supporto della Fauna Preservation Society inglese, e Ente Autonomo del Parco Nazionale d’Abruzzo. Tutto ufficiale. Tutto accettato, encomiabile e lodato e pubblicato anche in Italia (WWF ed Università di Camerino). Tutto per alcuni anni, poi… l’oblio! La negazione! Il dimenticatoio! Solo perché di tutte le raccomandazioni già da allora date alle autorità per salvare l’animale, mai nessuna fu messa in opera non appena ci si rese conto che farlo contrastava con la politica gestionale, specie quella turistica, che il Parco Nazionale stava mettendo in atto! I miei studi, mera carta straccia, e la sopravvivenza dell’orso marsicano lasciata alla speranza che comunque tutto proseguisse bene come era proseguito fino ad allora.
In pratica, una “Cancel Culture” operata ante litteram!
Sono poi trascorsi gli anni, ma nulla è mai cambiato in merito, mentre la popolazione degli orsi iniziò invece a ridursi di numero (morti accidentali su strade e linee ferroviarie, prime fasi di sbandamento della modesta popolazione, solite e non poche uccisioni per rivalsa di danni mai o poco pagati, qualche raro caso di uccisione non voluta per bracconaggio su cinghiale). E allora, ecco la soluzione del problema: bisognava stabilire che quella nutrita popolazione di cui avevo dato notizie, e che oggi sarebbe considerata florida (è l’obiettivo ufficiale delle autorità per i prossimi anni!), non era mai esistita nonostante i mie dati e le note di guardiaparco, enti pubblici, autorità locali, pastori, cittadini comuni dei paesi dell’orso (ma non solo, in seguito – primi anni ’80 – dimostrata in forma indiretta da una mortalità tale (mai superata dopo!) che la piccola popolazione non avrebbe potuto sopportare, se quel numero fosse stato mendacio in difetto!
Ecco, con buona pace di tutti, e senza un prova documentale, la “nuova” scienza aveva così risolto il problema della scarsità di presenza di orsi nell’area Parco, e poi dello sbandamento in tutto il centro Appennino: nel Parco non possono vivere che qualche decina di esemplari, e sono talmente in competizione da sbandarsi alla ricerca di altri territorio! Verità ufficiale, quindi non smentibile: vera perché vera doveva e deve essere, benché basata su un involontario inganno: gli studi che hanno stabilito quanto sopra furono fatti su una popolazione ormai da anni in regressione e drastica riduzione di numero per le suddette ragioni. Un vero e proprio inganno scientifico! Una verità acclarata, se non fosse… che VERA non era! Perché basata su un presupposto sbagliato: che prima d’allora la presenza/densità degli orsi fosse la stessa! In pratica, come se, quasi sterminata una specie su un territorio, si sostenesse poi che la sua incidenza sugli effetti della sua presenza sia scarsa in base agli stessi!
E Navalny se ne stia zitto lassù in Siberia!
In Russia la democrazia la si intende anche così!
Ora leggiamo (ultimo numero della rivista Panda), da parte dello stesso WWF-Italia (ma non più formato dagli ammirevoli storici personaggi!), prima un ricordo infantile dove si narra poeticamente di un mondo che non esiste più, dove l’orso lo si immaginava “tra l’erba bagnata, tra i silenzi pieni di vita delle praterie del Parco, nei boschi scrocchianti di foglie, mentre insegnavi ai tuoi cuccioli a mangiare le faggiole, a rovesciare i sassi sul terreno grasso per cercare lombrichi e altre piccole ghiottonerie, oppure a spanciarti di amarene” (dimenticando però i campi di mais e le pecore predate agli stazzi – perché chi lo ha scritto all’epoca era una bambina educata ad un mondo alla Walt Disney, dove nella vita degli animali esiste solo il bello, il buono e il naturale!). Poi, più avanti, che “bisogna installare dispositivi adeguati perché nessun orso [non] si senta più al sicuro passeggiando nei centri abitati”. Neppure sfiorato il pensiero che non nella quiete dei paesi debba tornare a vivere l’orso marsicano, ma lassù dove sognava la bambina “tra l’erba bagnata tra i silenzi pieni di vita delle prateria del Parco”, dove di notte, però poteva scendere agli stazzi a predarsi qualche pecora, o nella vallata a saccheggiare qualche campo di granoturco, aggiungo io! Non già, come ha scritto la fu bambina, a cercare quei frutti delle amarene “proprio in quegli alberi che il WWF piantò negli anni 90 per aiutare la piccola residuale popolazione di orsi marsicani”. Quegli alberi che però, per la verità storica, mai attecchirono e tutti sono andati perduti, perché fu inutile follia volerli piantare per aiutare l’orso marsicano! Mentre sarebbe stato ben più pratico e saggio se il WWF avesse contribuito a seminare campi di granoturco e contribuito a favorire la pastorizia come già a quell’epoca e negli che seguirono chi scrive avevo proposto!
Ma si può pretendere che prestigiosi studiosi con lauree e dottorati studino tanto per poi concludere che la soluzione per salvare l’orso marsicano è quella che io proposi cinquant’anni or sono senza studi e conoscenze di scienza? Ovvero, che molti uomini (o chi per essi) tornassero a fare i contadini e i pastori?
Ecco perché ancora oggi dobbiamo leggere le tante favole che si narrano per spingere i cittadini a donare soldi per iniziative non tanto inutili quanto perniciose (come le recinzioni elettriche che impediscono agli orsi di cibarsi!) o piantare mele che per tante e ovvie ragioni mai giungeranno a produrre frutti prima che l’orso marsicano si sia salvato! E che tutto il resto che sarà finanziato serva piuttosto a finanziare stipendi e rimborsi ai ricercatori e apparecchiature elettroniche per altrettanti inutili monitoraggi e cartellonistiche (che poi neppure le autorità rispettano, per ovvie ragioni).
Tutti mezzi che dovrebbero servire ad indurre, e così insegnare, agli orsi le loro antiche regole alimentari e comportamentali, il loro passato, e a ritornare in montagna. Nessuno che si chieda, come logica vorrebbe: perché gli orsi hanno finito col perdere la memoria storica che li faceva restare lassù? Che sia perché è troppo ovvio? Ovvero, perché semplicemente quella memoria non l’hanno mai persa: hanno solo capito che in montagna non trovano più quello che l’uomo, in un modo o nell’altro, un tempo gli faceva trovare! Quindi, non essendo animali stupidi – tutt’altro! –, ecco che gli orsi sono pian piano scesi a bussare alle case dell’uomo, come a dirgli: perché non vieni più a coltivare i campi di mais, di grano e di lupinella? Perché non ci porti più le pecore negli stazzi e sui pascoli?
Mistero di una “scienza” che si definisce tale, ma che si è talmente imbevuta di intelligenza artificiale da aver dimenticato le sue antiche basi ed origini pratiche e, visto che si parla di natura e di orsi, rurali!
In memoria di Juan Carrito ed Amarena, con la speranza che il 2024 non debba rivelarsi ancora una volta la china del 2022 o del 2023! Buon nuovo anno.
Murialdo, 31 Dicembre 2023 Franco Zunino
Segretario Generale AIW
(primo ricercatore “sul campo” dell’Orso bruno marsicano)
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