Ovunque nel mondo, in Stati democratici e anche meno democratici, secondo tutte le convenzioni internazionali, una Riserva Naturale è un luogo da lasciare stare all’evoluzione, come dice appunto la sua definizione, “naturale”. Tutto ciò non vale più per l’Adelasia, l’ormai nota anche a livello nazionale, Riserva Naturale della Regione Liguria; per assurdo, ciò avviene da quando la Riserva è passata dalla proprietà e gestione privata a quella pubblica! Un assurdo, appunto! Perché di solito, salvo per le proprietà appartenenti ad associazioni ambientaliste o di privati filantropi, è l’organismo pubblico che garantisce maggiormente la protezione di simili iniziative.
    Non è cosi per l’Adelasia, un vero bacino idrografico di biodiversità che sotto le Società private che la istituirono originariamente e la mantennero per anni rinunciando ai loro diritti di sfruttamento esse la sostennero proprio per l’apprezzamento dei sui valori, appunto, naturalistici. Assurdamente, si ripete, essa godette di maggiore protezione in quegli anni che non da quando è passata al patrimonio pubblico per acquisizione dei terreni dopo il fallimento delle aziende filantrope di un tempo (3M Italia, Imation, Ferrania).
    Da quando è passata in proprietà pubblica (acquistata con fondi regionali, provinciali e comunali) su proposta, sollecitazione e pressione di un Comitato ambientalista locale ed un’Associazione ambientalista con riconoscimento ministeriale (la scrivente!) che ne hanno il merito e che restano sue storiche radici, è una guerra continua.
    Chi la vuole sfruttare per finalità economicistiche, senza nessun riguardo alla sua finalità originaria, idealistica, e anche lineare con le direttive internazionali e chi ritiene che debba preservarsi per la sua finalità originaria. Sono anni che ormai si parla dell’Adelasia soprattutto di questo aspetto: la sua fruizione ad ogni costo da parte di attività di mountain bike ad addirittura il tentativo di sfruttamenti e/o utilizzazioni forestali! Con iniziative volte a questi fini già messe pesantemente in atto, a volte anche in violazioni delle leggi esistenti.
    Dei suoi veri valori non si parla mai, al massimo essi si citano come slogan di richiamo, ma per esaltare la volontà di sfruttarli per i suddetti fini ludico-sportivi ed economico-turistici.
    Ora si legge sulla stampa locale, che una delle diverse “organizzazioni” che se ne sono occupate negli ultimi anni, vuole tirare i remi in barca per mancanza di aiuti finanziari: ecco, la solita ricerca dei soldi! Soldi, possibilmente pubblici, che devono poi farne fruttare altri, possibilmente privati!
    Quello che fu, quando la Riserva era in mano ai privati, un Centro Ecologico, trasformato in un mero ristorante (continuamente fallimentare ad ogni cambio di gestione!); i sentieri trasformati in piste per mountain bike, spesso anche per utenti spericolati, lungo antiche carrarecce trasformate in piste da bike-cross che, non in pochi luoghi, bordeggiano siti di nidificazione di fauna rara e protetta!
    Eppure le cose sono semplici, tornando alle origini della sua storia e alle origini dell’ideale suddetto che in tutto il mondo guida la gestione delle Riserve Naturali: lasciare stare le cose come sono, alla libera evoluzione dell’ambiente naturale, quale è, ribadiamo per l’ennesima volta, LA VERA E PRIMARIA FINALITA’ DI UNA RISERVA NATURALE! Un fiore all’occhiello della Regione Liguria che viene invece svilito e svenduto per quattro danari!
    I terreni appartengono ad organismi pubblici che non hanno alcun bisogno, né dovere, che diano una resa finanziaria come avviene per i privati (soprattutto dopo averne fatto un’iniziativa di valore culturale vincolata come Riserva Naturale ed accettato il suo inserimento nei SIC di Natura 2000 dell’Unione Europea, i quali hanno la stessa finalità!). L’accesso alla Riserva è infatti libera scelta degli utenti che la vogliono visitare per goderne delle sue bellezze naturali, biologiche e paesaggistico-ambientali, per il cui godimento non esiste alcuna necessità di fabbisogni finanziari pubblici (si ribadisce, come avviene nella maggior parte delle riserve naturali del mondo!) e, peraltro, come avviene in tutto il resto dei boschi delle valli Bormida. Invece si avanzano continuamente richieste di fondi con la scusa o motivazione della sua gestione, fondi che magari in alcuni casi servono anche, ma non tanto da dover rinunciare alla sua gestione “volontaria” se essi non arrivano! Basterebbe occuparsi SOLO delle cose strettamente necessarie a mantenere una Riserva Naturale, anziché un circo equestre per mountain bike!
   L’Adelasia è una Riserva di Natura; la si lasci al suo stato naturale e cesseranno tutti i problemi che solo il desiderio di sfruttarla economicamente ha finora creato, ed alimentato le infinite polemiche di cui ancora oggi leggiamo sui giornali.
    L’Adelasia non è un tesoro su cui tutti vogliono mettere le mani, né deve essere trattata come se lo fosse. Ci si limiti ad una gestione ordinaria della sentieristica, allo sfalcio dei prati ed al ripristino dell’antico stato forestale là dove fu alterato: sarà un risparmio per gli apparati pubblici e sarà un guadagno per quel bene Natura per cui essa fu ideata, creata e per anni mantenuta da quelle Società private che così la vollero e che per mantenerla mai spesero quelle somme che ora si richiedono all’apparato pubblico, ripetiamo, per assurdo, con la scusa di una gestione di “volontariato”!
    Si parla invece di “turismo anche sportivo consapevole e rispettoso”; “potenziale per un progetto più ampio di fruizione ludico-sportiva”; tutte cose che peraltro la stessa legge istituiva della Riserva non consente: “è vietato svolgere attività ludiche e sportive incompatibili con i divieti (di cui alle lettere g, e, h) o, comunque, in grado di compromettere, per le loro modalità di svolgimento ed in assenza di disposizioni emanate dall’ente gestore, le qualità ambientali, i soprassuoli boschivi, la stabilità dei versante, le sistemazioni agrarie, l’agibilità dei percorsi”: tutte norme da anni sempre violate dagli organizzatori dell’outdoor, nell’assordante silenzio delle autorità.
    Per quale motivo si vuole sfruttare la Riserva a questi fini? Per potenziare cosa? Le attività di outdoor, che il vero valore della Riserva Naturale verrebbero ad intaccare se non danneggiare? La Riserva dell’Adelasia deve sì restare ANCHE un polo di attrazione turistica, ma non deve essere SFRUTTATA a questo fine, né tanto meno danneggiata nei sui veri valori naturalistici, che non sono certo i sentieri da mountain bike, ma l’immacolata estensione forestale e territoriale priva di strade motorizzabili, gli alberi, la flora, gli animali che la vivono e che quanto sopra solo DANNEGGIANO direttamente e anche indirettamente, consciamente ed anche inconsciamente (e non si cita il danno psicologico degli utenti amanti della quiete e della bellezza della Natura fine a sé stessa!).
    C’è un solo modo per sfruttare la Riserva dell’Adelasia come vorrebbero tanti: abrogarla e liberarla da tutti i vincoli e le finalità ambientali che una Riserva Naturale esige… Certo, con la certezza che chi lo deciderà dovrà poi affrontare le critiche nazionali e internazionali che una tale decisione scatenerebbe! Se c’è un politico, un Partito politico o anche solo una Giunta o un Consiglio regionale che voglia farnese paladino, si faccia vanti!
 
Murialdo, 3 Novembre 2019                                                     Franco Zunino
                                                                                      Segretario Generale AIW

 

3 novembre 2019

ADELASIA – UNA RISERVA NATURALE NON LASCIATA IN PACE!

Ovunque nel mondo, in Stati democratici e anche meno democratici, secondo tutte le convenzioni internazionali, una Riserva Naturale è un luogo da lasciare stare all’evoluzione, come dice appunto la sua definizione, “naturale”. Tutto ciò non vale più per l’Adelasia, l’ormai nota anche a livello nazionale, Riserva Naturale della Regione Liguria; per assurdo, ciò avviene da quando la Riserva è passata dalla proprietà e gestione privata a quella pubblica! Un assurdo, appunto! Perché di solito, salvo per le proprietà appartenenti ad associazioni ambientaliste o di privati filantropi, è l’organismo pubblico che garantisce maggiormente la protezione di simili iniziative.     Non è […]