«Sos aquila reale. A lanciarlo è la Lipu-BirdLife Italia sulla base di uno studio-pilota che ha monitorato cinque importanti aree montane tra Alpi (Gran Paradiso, catena del Lagorai, Parco nazionale dello Stelvio, e Dolomiti bellunesi) e Appennino (Monti Sibillini) che ospitano la nidificazione di 75 coppie di aquila reale e ne ha anche individuate nel Lagorai due coppie finora non censite. Ad insidiare il grande rapace sono soprattutto gli impianti turistici e l’abbandono della pastorizia, con la scomparsa progressiva di prati e pascoli di montagna che in soli 30 anni si sono ridotti quasi della metà, minacciando da vicino l’habitat dell’aquila reale e di altre specie come la coturnice, il gallo forcello e il re di quaglie. Secondo lo studio effettuato dalla Lipu, tra i fattori di rischio per questi esemplari compaiono il degrado e la frammentazione del territorio, causati dalla costruzione di strade, dalla sottrazione di suolo per l’edilizia e le attività industriali, commerciali e turistiche, e dall’agricoltura intensiva. Anche la presenza di linee elettriche, causa di morte per folgorazione, l’arrampicata sportiva su parete, causa di abbandono dei nidi, la presenza di dighe, che stravolgono l’habitat, e la piaga del bracconaggio sono fattori di rischio per il numero uno dei rapaci. L’ultima stima della popolazione italiana, nonostante i problemi che affliggono la nostra montagna, mostra un numero complessivo pari a 486-547 coppie, di cui 368-404 nell’arco alpino. L’Italia ha una grande responsabilità nella tutela di questo rapace: oltre il 10% delle 4.100-4.500 coppie presenti nell’Unione europea nidifica proprio nel nostro Paese.» (ANSA).
Ecco, per decenni l’AIW ha scritto e sostenuto che il maggiore pericolo per le specie rare di fauna, ed in particolare per i predatori (che più di altre specie hanno bisogno dei luoghi aspri e selvaggi per riprodursi), era non già la caccia, ma la perdita (leggasi distruzione o alterazione) dei luoghi selvaggi in quanto loro habitat di vita, battendosi strenuamente contro ogni progetto che li minacciasse: strade, dighe, centrali eoliche, funivie, ecc. Tutte le altre associazioni, e LIPU e LAV in particolare, invece sempre pronte a sparare contro la caccia come maggior minaccia alla loro sopravvivenza. Oggi che l’Italia è piena di uccelli rapaci, e non grazie alla lotta anticaccia, bensì ad una maggiore sensibilità naturalistica dei cacciatori maturata assieme a tutta quella della società in cui viviamo (perché quando i cacciatori non si occupavano di salvaguardia ambientale e faunistica, neppure lo faceva larga parte della società non cacciatrice!) ma anche a situazioni ambientali che li hanno favoriti, come l’abbandono della campagna, ecco che infine almeno la LIPU ha capito quale sia il vero pericolo per l’Aquila reale: la perdita dei luoghi selvaggi, relegando il problema venatorio all’ultimo posto. Meglio tardi che mai!
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