SONO GINO SCARSI, EX MEMBRO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’AIW, DAL QUALE HO RASSEGNATO LE DIMISSIONI PER LE SEGUENTI RAGIONI, NON CONDIVIDENDO PIÙ LA POSIZIONE DELL’AIW NEI CONFRONTI DELLA CACCIA.
(1) Nel periodo del mio avvicinamento all’A.I.W. avevo erroneamente maturato la convinzione che l’esercizio della caccia nelle aree wilderness non fosse codificata da un sentire generalizzato dei consiglieri e dei soci quanto piuttosto una scelta personale dei singoli.
(2) In effetti lo statuto dell’A.I.W. non cita mai la parola caccia, anzi, quando nell’ art. 3 comma 1 si parla di natura come “patrimonio spirituale per l’uomo che esalti il suo valore morale”, sembrerebbe chiudere le porte alla caccia come mero divertimento; porte che vengono parzialmente dischiuse dal comma 2 del citato articolo “a fini ricreativi e di godimento” pur nel primario rispetto della natura stessa. Non voglio addentrarmi qui nelle tesi pro o contro la caccia: si andrebbe necessariamente a finire sul piano dell’etica e della morale, su convincimenti personali dell’uomo contemporaneo frutto di diversi riferimenti culturali e di formazione. Sono personalmente contrario alla caccia esercitata per puro divertimento e conosco molto bene il mondo dei cacciatori, almeno della mia zona, essendo stato per 10 anni Consigliere dell’ATC 3 Provincia di Cuneo in quota ambientalista (ATC che gestisce un migliaio di cacciatori).
(3) Ho potuto constatare quanto la quota di cacciatori-naturalisti sia alquanto bassa: non più del 30%.
(4) La stragrande maggioranza è di cacciatori sparatori per cui l’unico obiettivo di cacciare è lo sparo e la preda nel carniere. Tolti questi “ancestrali istinti”, difficilmente li incontreremmo a scarpinare in aree selvagge.
(5) Ora, vedere l’A.I.W. appiattita in modo assolutamente acritico nei confronti di questo mondo comunque lontano da quello vissuto dal fondatore dell’Associazione stessa, a parte il rendere incompatibile la mia partecipazione diretta, è a mio avviso controproducente per l’intero movimento dell’A.I.W.
(6) Sta di fatto che decine di migliaia di aderenti a Legambiente, WWF, Lipu e molte altre associazioni ambientaliste ignorano il Movimento della Wilderness pur condividendone in toto i principi della natura selvaggia.
(7) Questo, ritengo, per la posizione favorevole e sostanzialmente acritica verso la caccia dell’attuale dirigenza dell’A.I.W.
(8) Sarebbe necessaria una posizione più neutra, e la denuncia dura e intransigente di comportamenti anti A.I.W. come l’immissione sistematica di selvaggina di importazione nei vari A.T.C (che muore puntualmente all’80 % nell’acclimatamento con spreco ingentissimo di denaro). Se si destinassero al reperimento di aree selvagge solo il 50 % dei fondi sprecati per un improprio ripopolamento, l’A.I.W avrebbe tutti gli anni nuove aree quanti sono gli A.T.C in Italia.
(9) Invece ci ritroviamo a ringraziare le Associazioni nazionali venatorie per i piccoli contributi che andrebbero considerati offensivi vista l’acqua che l’A.I.W sta portando al loro mulino.
(10) Al Segretario Franco Zumino rinnovo la mia stima completa e incondizionata, nonostante il perdurare della sua posizione pro caccia che non accenna a “cedimenti di sorta”.
(11) Mi si concederà di suscitare un piccolo dibattito all’interno dei Consiglieri e soci dell’A.I.W su questi temi perché lo ritengo positivo per gli sviluppi futuri della Wilderness, e in secondo luogo perché anche da semplice socio quale ridivento, sono interessato a conoscere il numero di persone che all’interno dell’A.I.W è vicino a posizioni più critiche nei confronti del pianeta caccia. Richiedo quindi che questa mia lettera di dimissioni sia fatta conoscere ai soci A.I.W e che se qualcuno lo ritiene, possa contattarmi all’indirizzo ginoscarsi@libero.it .
Gino Scarsi
Canale (Cuneo)
INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE IN MERITO AL DOCUMENTO DEL CONSIGLIERE LUIGI (“GINO”) SCARSI SUI MOTIVI DELLE SUE DIMISSIONI DAL CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’AIW, APPROVATO ALL’UNANIMITÀ DAL CONSIGLIO DIRETTIVO.
Le numerazioni dei paragrafi sono riferite ai numeri riportati tra parentesi all’inizio di ogni frase della lettera di Gino.
Innanzi tutto vorrei soffermarmi sulla pacatezza ed affatto senza alcuna vena polemica delle motivazioni che hanno spinto l’amico Gino Scarsi a dimettersi dal Consiglio Direttivo, anche se non condivido questa sua decisione ed avrei ritenuto importante che anche un anticaccia facesse parte del Consiglio proprio per mediare eventuali posizioni eccessivamente sbilanciate a favore della caccia, almeno come voce critica seppure di minoranza. Mi resta sempre strano capire perché gli anticaccia che pretendono di stare in tutti gli organismi che prevedono o gestiscono la caccia, rifiutino poi di essere membri di un’associazione che pur accettando un certo tipo di caccia difende comunque la natura o altri aspetti importanti del mondo della natura. E’ segno di una fede quasi religiosa, quella che molti definiscono fondamentalista, una chiusura a riccio verso chiunque non la pensi come loro. E questo non è certo dialogo o tolleranza; dialogo e tolleranza si devono avere verso chi non la pensa come noi, non verso i nostri consenzienti.
1) A suo tempo informai Gino della posizione dell’AIW non contraria per principio alla caccia, cioè, l’accettazione della pratica di per sé a prescindere dal come viene praticata, così come sono accettate tutte le pratiche dell’uomo in natura purché non eccessivamente impattanti (escursionismo, alpinismo, pesca, raccolta dei frutti, pascolo, osservazione naturalistica, ecc.) perché tutte, quando sono eccessive o scorrette, impattano, non esistendo alcuna categoria, caccia compresa, esente da colpe e dalla necessità di controlli. Emarginare solo una categoria per solo spirito animalistico non mi sembra né corretto né democratico (all’epoca del referendum anticaccia, io votai a favore della caccia, ma non per un motivo ecologista, bensì per un motivo di libertà e democrazia!). Evidentemente Gino aveva male compresa la posizione dell’AIW.
2) Nello statuto non c’è alcun riferimento alla caccia come non c’è alcun riferimento alle altre pratiche dell’uomo (vedi sopra) proprio per le ragioni espresse al punto 1.
3) I cacciatori che aderiscono alla Wilderness e che ne condividono lo spirito appartengono, giocoforza, a quel 30% di cui dice Gino. In caso contrario non aderirebbero mai ad un associazione ambientalista! Tra l’altro, anche la stragrande maggioranza degli escursionisti non accetta regole, quando l’esigenza della protezione della natura le impone: vedasi l’opposizione a regole cui tutti i Parchi devono fare fronte quando si tratta di disciplinare l’accesso a certe zone sensibili per tutelare gli interessi della fauna e della flora, o il diritto alla solitudine degli stessi visitatori (vedi il numero chiuso esistente in alcune Aree Wilderness americane, o le negative reazioni di tanti ambientalisti-animalisti all’idea di chiudere alle loro visite certe zone del Parco d’Abruzzo per tutelare i diritti alla quiete dell’Orso bruno).
4) E’ proprio quel 30%, che va a scarpinare nelle zone selvagge, e non solo durante il periodo di caccia. Perché non accogliere tra noi chi lo fa, se sente le stesse nostre emozioni (vedasi il recentemente scomparso Mario Rigoni Stern, uno dei pochi scrittori italiani che abbia saputo esprimere uno “spirito wilderness” nei sui libri: Fulco Pratesi, Franco Tassi, Grazia Francescatto o Realacci non ne sono mai stati capaci!), e se vuole difendere le stesse cose (perché anche loro non sono certo per la distruzione della fauna)?
5) Quello che Gino chiama “appiattimento” altro non è che accettazione di una pratica che, ovviamente, gli animalisti anticaccia non accettano. Ma questo è un problema loro, non della Wilderness, dell’AIW o della filosofia cui si ispira il movimento mondiale.
6) Condividere in toto i principi della natura selvaggia presuppone condivide anche il diritto dell’uomo cacciatore, ragion per cui chi non condivide questa accettazione non ha semplicemente bene compreso cosa sia la filosofia della natura selvaggia o della “wilderness”: semplicemente ama certi aspetti della natura selvaggia, ma è ben lungi dai pensieri dei grandi filosofi della Wilderness (da Thoreau a Muir, a Leopold, ad Olson ecc.).
7) L’Associazione Italiana per la Wilderness non poteva, né può – né sarebbe il caso lo facesse -, creare una sua filosofia tutta italiana, assolutamente diversa da quella del resto del mondo solo perché in Italia l’animalismo è preponderante nell’idea ambientalista: se si dovesse decidere di farlo, saremmo gli unici al mondo, e saremmo anche arroganti verso chi questa filosofia ha coniato! La LIPU, Legambiente, WWF, CAI, ecc. hanno altre finalità, e sono per lo più di spirito animalista; ovvio che non seguano lo spirito wilderness, che in tali casi tarpa le ali anche a loro (vedi numero chiuso di escursionisti: si provi a dire ad uno del wwf che non deve andare a cercare di vedere o fotografare l’orso perché lo disturba. Strillerà dei suoi diritti all’ambiente peggio di un cacciatore a cui si impedisca di cacciare!). D’altronde, se in America, mentre le battaglie della Wilderness Society sono appoggiate e condivise DA TUTTE le associazioni ambientaliste, e non tutte le battaglie delle altre associazioni ambientaliste sono appoggiate dalla Wilderness Society, ci deve pur essere una ragione, un perché. Il perché sta nella priorità delle battaglie per la difesa della Wilderness!
8) E quando mai i cacciatori hanno avuto comportamenti anti AIW? E’ più facile che ce li abbiano LIPU, WWF e soci. I cacciatori-naturalisti sono per la natura selvaggia, per la solitudine, per il numero chiuso in natura. Quando i cacciatori vorranno fare strade o frequentare in massa le aree selvagge saremo i primi a contrastarli. Per intanto lo abbiamo invece dovuto fare con il WWF, quando bloccammo una strada che voleva fare in una delle più belle zone selvagge della Sardegna! Per non dire delle tante manipolazioni anti-wilderness della sue Oasi …. E che dire delle centrali eoliche, vere opere anti-wilderness, che WWF e Legambiente appoggiano, mentre le aborriscono i cacciatori? Le finalità principali e prioritarie dell’AIW non sono quelle di gestire la fauna o di occuparsi di altre tante problematiche ecologiste; ovvio che l’AIW non se ne occupi, salvo in ambito delle Sezioni o dei singoli Soci. Lo scopo prioritario è la salvaguardia delle ultime zone selvagge, ancorché lasciate aperte alla caccia, così come avviene in tutto il resto del mondo.
9) “I piccoli contributi che andrebbero considerati offensivi” di cui ci dice Gino hanno permesso di salvare l’AIW in più di una situazione critica, e ben vengano se grazie ad essi riusciamo a salvare tante zone selvagge.
10) Gino mi conosce da poco, ma le mie idee sono sempre state le stesse fin dall’infanzia. Non le ho mai cambiate, ed ho scritto cose in difesa del diritto alla caccia già trenta o quaranta anni fa. La filosofia Wilderness mi ha affascinato anche perché non contrastava questa mia visione della vita, e della natura selvaggia. Essa era e resta la MIA filosofia di vita.
11) Il dibattito che Gino richiede è giusto, ma il problema è che va avanti da quando esiste l’Associazione (ed anche prima) e senza alcun costrutto: gli animalisti anticaccia sono rimasti tali, e alla proibizione alla costruzione di strade preferiscono la chiusura della caccia (vedasi i tanti Parchi italiani, nei quali l’unico divieto veramente tassativo è il divieto di caccia!). Potremmo parlarne per anni, ma sarebbe come mettere di fronte cristiani e maomettani. Ogni tanto c’è qualcuno che cambia idea e passa da una parte all’altra, ma sono gocce nel mare. Il problema è che la filosofia Wilderness non è di per sé contraria alla caccia, e che gli animalisti non accettano l’idea che l’uomo uccida “per divertimento” cacciando. Due visioni assolutamente inconciliabili, per cui, piuttosto che un dialogo serve un rispetto ed un accettazione dell’idea dell’altro pur collaborando per lo stesso fine prioritario, che è la tutela della natura selvaggia, magari scontrandosi sulle altre questioni.
Tutto quello che appartiene alla natura selvaggia è wilderness, compresi i comportamenti umani: a volte sono più wilderness certi pastori (che sono poi anche cacciatori, quando non bracconieri) che non tanti naturalisti, che praticano un’attività assolutamente avulsa dal mondo naturale, come i visitatori di un museo, che stanno al di qua del vetro, cioè affatto in comunione con l’ambiente. Noi naturalisti non cacciatori abbiamo forse maturato una diversa coscienza, ritenuta da alcuni più evoluta, ma ciò non ci dovrebbe indurre all’intolleranza verso chi è rimasto nel ritmo del ciclo della vita.
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