Leggendo i vari articoli delle riviste di caccia è evidente la contraddizione in cui incorre la loro logica.
Riassumo: il progressivo abbandono dei terreni marginali collinari e montani da parte dei contadini ha consentito un ritorno della macchia e del bosco con relativo aumento degli ungulati (fin qui condivido la loro analisi). A seguito della loro crescita esponenziale e per i danni che possono arrecare alle colture limitrofe ai boschi e anche alla naturale ricrescita degli stessi, nonchè per contrastare patologie dovute al loro sovraffollamento e al fine di diminuire gli incidenti stradali fra auto e selvatici, occorre “sfoltirli” (come si usa fare nei semenzai dei vivai). E chi meglio di loro potrebbe adempiere ad una tale opera, svolta a beneficio della comunità non solo gratuitamente ma addiritura pagando? Più o meno è lo stesso discorso per storni e cornacchie.
E’ questo il messaggio che lanciano dalle loro riviste (che loro stessi leggono pochissimo), dai giornali e durante le loro sagre e feste del cacciatore, invocando un minimo di apprezzamento e simpatia da parte dei comuni cittadini dai quali si sentono ingiustamente disprezzati.
Attenzione a non sottovalutare l’ opinione pubblica che, distratta da mille cose, ha bisogno di messaggi semplici e chiari come questi per poi farsi una propria opinione e decidere in merito quando gli sarà richiesto (Lega Nord docet !).
Cosa e come dobbiamo rispondere a quelle persone quando, durante le visite alle nostre Oasi, ci chiedono la nostra opinione ? Io, che non sono un tecnico faunistico, provo a convincerli che la Natura, salvo rari casi, saprà riportare al giusto equilibrio le cose, magari non in tempi brevi e neppure in maniera incruenta, però meglio di quanto riusciremo a fare noi, anzi loro. Magari consentendogli, a seguito dell’ aumento di prede, di riportare in vita i naturali predatori (Lupo in testa). Lo stesso Lupo che, poche pagine più avanti nella stessa rivista venatoria, una associaciazione di cacciatori propone di rendere nuovamente “prelevabile” perchè negli areali ricolonizzati, oltre ad una riduzione degli abbattimenti di cinghiali e caprioli, gli stessi risultano divenuti più diffidenti e meno facilmente cacciabili.
E’ sulle loro evidenti contraddizioni che dobbiamo ribatterli, possibilmente con argomenti facili e convincenti.
Franco Galeotti
Firenze
Scrive Franco Galeotti a proposito dei possibili abbattimenti di cervi: cosa e come dobbiamo rispondere a quelle persone quando, durante le visite alle nostre Oasi, ci chiedono la nostra opinione ? Io, che non sono un tecnico faunistico, provo a convincerli che la Natura, salvo rari casi, saprà riportare al giusto equilibrio le cose, magari non in tempi brevi e neppure in maniera incruenta, però meglio di quanto riusciremo a fare noi, anzi loro.
Nemmeno io sono un tecnico faunistico tuttavia… credo che in diverse zone gli abbattimenti siano necessari purtroppo i danni che i troppi cervi causano ai boschi (e alle colture) sono un problema serio la natura sa ristabilire gli equilibri? certo, il problema però è che le aree boscate sono già per conto loro in condizioni di disequilibrio, e la presenza di una specie troppo invadente non fa che aumentare le problematiche. Sottoscrivo invece quanto detto a proposito del lupo
Matteo Barattieri
Monza (MI)
Matteo ha perfettamente ragione ed ha centrato il problema riguardo ai danni che spesso possono provocare agli ambienti naturali (foreste in primis) e alle colture i grossi erbivori e, pertanto, alle motivazioni che stanno alla base dei piani di abbattimento degli stessi (quando fatti con criteri assolutamente scientifici, e molto spesso anche quelli tanto vituperati dagli animalisti).
Il problema è che spesso la Natura non si comporta come noi ambientalisti vorremmo, e che il Lupo (talvolta liberato e di dubbia provenienza) e così la Lince (o l’Orso, vedi quelli sloveni liberati in Trentino) trovano più semplice e comodo abbattere capi domestici invece che quelli selvatici in sovrannumero.
Quello che mi sta più a cuore, piuttosto, è esprimere il mio dissenso riguardo ad una intesa (o un protocollo) tra tutti i Paesi dell’Arco alpino, da vari anni sottoscritta (ed applicata: si vedano gli abbattimenti di Bruno in Germania, di JJ3 e di vari lupi in Svizzera), la quale sancisce i casi di abbattibilità dei grandi predatori (proprio quelli da me sopra citati), chiaramente imposto dalle lobbies venatorie montagnine che fanno solo gli interessi settoriali dei propri soci (e quindi dei propri carnieri).
Infatti, per decretare il pollice verso nei confronti di un lupo, di un orso o di una lince, si pone un limite di predazioni annuali riferibili ad un singolo esemplare (15 o 20 o 30, a secondo della specie) che purtroppo non fa solo (e forse ingiustamente) riferimento ad uccisioni di bestiame domestico, bensì anche a quelle di ungulati selvatici, cioè cervi, caprioli e camosci (non ricordo se anche cinghiali, stambecchi e mufloni).
La cosa non viene diffusa, forse perché contraria a Convenzioni internazionali (Washington, Berna, ecc.) e a Direttive comunitarie, e comunque non va proprio nella direzione scientificamente, conservazionisticamente e giuridicamente corretta, che sarebbe quella:
1. di indennizzare immediatamente i danni effettivamente provocati dai grandi predatori agli allevatori di bestiame;
2. di accettare come naturali e inscindibilmente legati alla propria natura i casi di predazione su erbivori selvatici (mai risarcibili o “colpevolizzabili”, anche quando fatti a danno di Riserve private);
3. di verificare solo la possibilità di abbattimento di predatori che abbiano realmente attaccato l’uomo (al di fuori dei casi pienamente giustificabili di provocazione dello stesso, quali bracconaggio – anche tentato -, di disturbo a femmine con cuccioli, di disturbo nei pressi di giacigli e tane, ecc.), come fanno per esempio negli Usa (Lupi, Puma, Grizzlies, Linci) in molti Paesi africani (Leoni, Leopardi, Iene, ecc.) e in India (Tigri, Leoni, Leopardi, Lupi, ecc.).
Forse in questo modo la Natura, aiutata e non contrastata dall’Uomo, potrebbe raggiungere e mantenere di nuovo il proprio equilibrio (sempre dinamico e mai statico!).
Riccardo Tucci
Vicepresidente Associazione Italiana per la Wilderness
Mi permetto di intervenire per un breve commento: quando una specie supera un certo numero di individui ed a causa di ciò arreca danni non solo ecologici, ma anche economici, provvedimenti limitativi sono indispensabili: si tratta solo di stabilire quali paletti mettere, senza troppi scandalismi. Negli USA, ad esempio, per quanto riguarda il Lupo nel nord-est, si sono stabilite tre fasce di territorio: nella prima divieto assoluto di uccidere il Lupo; nella seconda abbattimenti controllati dalle autorità quando il Lupo arreca danni; nella terza, piena libertà agli allevatori di abbattere il Lupo quando ricevono dei danni. E, soprattutto, e per ogni specie (vedasi il Grizzly attorno al Parco Nazionale Yellowstone, oggi cacciabile) cancellazione dalla lista degli animali particolarmente protetti quando il numero stimato della popolazione supera un quantitativo ritenuto sopportabile ed autosufficiente. Da noi, qualsiasi specie, per numerosa che sia, una volta protetta è protetta per sempre (vedasi Aironi cenerini, Cormorani, per non dire Nutrie o, addirittura, Stambecchi)! Forse gli svizzeri ed i tedeschi (ma anche tutte le nazioni che hanno stabilito le quote citate da Tucci, sembra, Italia compresa) esagerano certamente in un senso (con paletti troppo stretti!), ma noi esageriamo nell’altro.
Franco Zunino
Segretario Generale AIW
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.